Ho un po’ paura a riempire questo foglio perché scrivendo del futuro tendiamo sempre ad esasperare il concetto di sviluppo tecnologico e sociale, che poi invece nel reale svolgimento della storia rimane imbrigliato tra mille variabili spesso impossibili da prevedere. “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick, scritto negli anni precedenti al 1968, presentava una civiltà per cui completare missioni interplanetarie equivaleva pressapoco a salire su un volo Ryanair. Il 2001 del mondo reale invece era pieno di Nokia 3310. Secondo “Ritorno al Futuro – Parte II” invece dei monopattini elettrici che impazzano nelle nostre città avremmo dovuto avere skate volanti già nel 2015, mentre per l’originale “Blade Runner” la Los Angeles del 2019 avrebbe dovuto avere più o meno quest’aspetto. Capite cosa intendo?
Tornando a noi, qui ci divertiamo a prevedere con un orizzonte temporale di 8 anni e non 20, 30 o quasi 40 come nel caso di Blade Runner. Soprattutto, parliamo di innovazioni nel surf. Il quiz della domenica ha coinvolto 2000 persone su Instagram, con una media di 600 voti per sondaggio. Andiamo per punti.
Switch o Air?
La vostra risposta: 64% Air / 36% Switch
La mia risposta: Switch
Intanto, brevemente, una veloce definizione per portare tutti allo stesso livello: per (riding) switch si intende quando un surfista si alza in piedi sulla tavola mettendo avanti il piede che è abituato ad avere dietro. Quindi se sei regular (sinistro avanti), in switch andrai come un goofy (destro avanti) e viceversa. La spiegazione di air è più semplice: abbreviazione di aerial, con air intendiamo le manovre aeree, ovvero tutto quello che succede al di sopra del lip.
Per motivare la mia scelta mi rifaccio ad un’affermazione di Kelly Slater durante il commento delle WSL Finals di Trestles. Ho preso un appunto sulle note dell’iPhone: “Credo che nel futuro del surf questa cosa di andare in switch si spingerà oltre. I 3 brasiliani (Medina, Ferreira, Toledo ndr) hanno un neutral stance, sono molto centrati ed anche per questo atterranno qualsiasi air”. Personalmente non mi ero mai accorto che i rappresentanti della santissima trinità brasileira avessero un neutral stance, che a guardarli bene in realtà non stanno né più sul piede dietro (come John John Florence) né con un carico sbilanciato in avanti (come Mick Fanning). Questo discorso della distribuzione del peso non è da sottovalutare, perché con un’impostazione del genere si arriva a ricalcare in parte quanto accade per lo snowboard. E voi direte: sì ma a che pro? Che vantaggio comporterebbe saper andare forte sia da regular che da goofy? Detto che affrontare un’onda in frontside o in backside, soprattutto certi tipi di onda, fa tutta la differenza del mondo, non saprei in questo momento darvi una risposta diretta e convincente. Semplicemente mi intriga l’idea. Oltretutto, ve lo confesso perché non ce la faccio a tenermela: Kanoa mi aveva detto che si stava allenando in switch, poi pubblica questo post esattamente 4 giorno dopo il nostro sondaggio. Coincidenze? Io non credo.
p.s. tutti sapete che Kanoa è un grande agonista, perciò considerate la sua valutazione sulla “perdita di tempo” come un modo per confondere le acque.
Lasciatemi aggiungere una postilla sul tema air, per cui ritengo che gli uomini da seguire abbiano lo stesso luogo di nascita sulla carta d’identità: Maui. Parlo di Kai Lenny e Matt Meola, a mio modo di vedere i maggiori esponenti del movimento aereo avanguardista. Segnalo Kai per gli air su onde da tow-in e Matt per l’entità delle sue manovre ben oltre il lip, tentate staccando su sezioni closeout di beachbreak cattivissimi e coprendo di conseguenza distanze assurde, con atterraggi spezzacaviglie nel flat dell’onda. Sei un coatto Matt.
Wavepool o Reef Artificiali?
La vostra risposta: Reef Artificiali 54% / Wavepool 46%
La mia risposta: Reef Artificiali
Sono d’accordo. Le diverse tecnologie di wavepool sono già ultra collaudate, la rivoluzione è in moto ormai da qualche anno. Prevedo che entro il 2030 andare nel dopolavoro a fare una surfata in città sarà un’abitudine di molti. Sui reef artificiali sono poco preparato invece, me ne rendo conto e per questo ho fatto delle ricerche. Una definizione chiara e semplice di cosa sia un reef artificiale l’ho trovata su Beachapedia: “Una struttura costruita dall’uomo sott’acqua per creare onde adatte al surf dove altrimenti non ce ne sarebbero”. Si legge sempre a questa pagina che per adesso sono stati costruiti nel mondo 7 reef artificiali (3 in Austrialia, 2 in Nuova Zelanda, 1 in Inghilterra ed 1 negli Usa) ma con scarsi risultati in termini di efficienza e durabilità. Un ginepraio in cui dev’essersi infilato – ed anche perso – il fondatore di Patagonia, Yvon Chouinard, che con Surfrider Foundation dichiarò nel lontano 1989 di voler condurre uno studio di fattibilità su un reef artificiale da installare a largo di una spiaggia in California. Del progetto non si sono più avute notizie.
Una proposta di progetto di cui invece si inizia a parlare e bene è Goa, che sta per Genova Ocean Agorà. Ringrazio Andrea Garibbo per avercelo segnalato su Instagram. Goa nasce con l’intenzione di creare una “barriera soffolta” difronte alla spiaggia del quartiere cittadino di Sturla. Nicolò Di Tullio è il coordinatore del gruppo di ragazzi (ingegneri, biotecnologi e programmatori) dietro all’iniziativa, l’abbiamo raggiunto telefonicamente per farci spiegare perché il reef artificiale di Goa dovrebbe funzionare: “C’è una grande differenza con quello che succede in Oceano: è la marea. L’escursione di marea genera un movimento d’acqua continuo, indipendente dalle mareggiate, che oltre a spostare il reef può esporlo agli agenti atmosferici esterni, accelerando il processo di deterioramento”. E da ingegnere pluridecorato precisa: “Questo è quello che dicono i nostri modelli, siamo fiduciosi. Poi io finché non lo vedo non ci credo”. È certo invece che il progetto Goa avrebbe delle ricadute positive ben al di là del surf, racconta Nicolò: “Il vero motivo di questa proposta è la difesa di un tratto di costa molto suscettibile ai fenomeni di erosione costiera. In secondo luogo creare una buona onda per il surf darebbe uno slancio turistico al quartiere Sturla, che ha bisogno di essere rivitalizzato. Terzo punto non trascurabile: la tridimensionalità sottomarina del reef artificiale sarebbe d’aiuto allo sviluppo della diversità biomarina”.
Far funzionare i reef artificiali porterebbe delle vere innovazioni nel surf. Io come Nicolò ci credo perché dietro alla riuscita di progetti come Goa si muovono interessi politici, ambientali e sociali di gran lunga superiori al surf. Ne riparleremo perché l’argomento merita di avere uno spazio esclusivamente dedicato.
Mute o Tavole?
La vostra risposta: 62% Mute / 38% Tavole
La mia risposta: Mute
Discutendo con lo sciatore azzurro Matteo Marsaglia dell’importanza delle attrezzature durante la prima di Drop in, gli raccontavo di aver visto diversi professionisti del surf spaccare anche con tavole quasi inutilizzabili. È vero che la tavola giusta fa tanto, soprattutto per un surfista di medio-basso livello, ma sento che la linea del traguardo del “le abbiamo provate tutte” è a pochi passi da dove siamo adesso. Non solo per quanto riguarda gli shape, ma anche i materiali (l’ultima invenzione degna di nota). Forse in tema di pinne rimangono margini di miglioramento tecnologico. Le mute ragazzi potranno fare nel 2030 cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare. A meno che non stiate leggendo questo articolo da un laboratorio di frontiera nella ricerca sui materiali termoconduttori, dovreste sapere che sono in corso diversi studi e sperimentazioni per il potenziamento delle capacità del neoprene. Approfondiremo con il nostro dottore di ricerca, Anna Sagnella, che lavorerà ad uno speciale sulle tecnologie che la surfing industry potrà estrarre dalla ricerca scientifica sui materiali termoconduttori.
Più del come, personalmente posso spendere qualche parola sul perché le mute porteranno innovazioni nel surf. È intuitivo: il rapporto surfista – mute non è quasi mai 1:1 e le mute si cambiano più velocemente delle tavole. La muta è un elemento indispensabile, devi averla. L’altra grande spinta arriverà dalla tendenza sempre più diffusa ad evitare le folle, optando per destinazioni meno battute perché considerate estreme, con acqua e clima troppo freddo.
Molto figo il video qui sotto in cui Griffin Colapinto spiega aiutato da animazioni stile fumetto l’utilizzo del grafene all’interno dell’ultima muta di Billabong.