La costante crescita del movimento in Italia sottolinea una preoccupante involuzione di una disciplina: Il longboard. È un paradosso molto difficile da spiegare, soprattutto se si pensa alle condizioni del mare che in media troviamo sulle nostre coste, molto più adatta al surf in tavola lunga. A differenza dello shortboard, nel longboard non c’è stato ricambio generazionale. Ho provato a riflettere sul perché.
I successi in campo internazionale
Prima di Leonardo Fioravanti, a tenere alta la bandiera del surf italiano all’estero ci pensava quasi solo ed esclusivamente il longboard. Le principali produzioni video che facevano il giro di web e festival prima della definitiva esplosione dei social erano incentrate sulla danza dei tavoloni: pellicole come Onde Nostre, Peninsula, Nausica o Bellavita. Anche dal punto di vista competitivo, i migliori risultati nazionali sono sempre arrivati grazie al longboard. La medaglia d’argento conquistata in singolo da Matteo Fabbri ad Euro 2017, nel 2019 Federico Nesti e Francesca Rubegni sono saliti sul gradino più alto del podio a Santa Cruz. Ma non solo: come raccontato da Alessandro Ponzanelli in uno dei recenti podcast, i suoi risultati negli invitational internazionali, specialmente in California, hanno portato rispetto e considerazione in favore dell’Italia del surf.
Le condizioni del Mar Mediterraneo
Spesso le condizioni del nostro mare sono al limite del praticabile. Entrare con un longboard risolverebbe tanti dei problemi che ci affliggono, specialmente in estate. Il bel paese vanta spot che si attivano con pochissima swell e capita che regioni come la Toscana o la Romagna prendano le somiglianza di una California in scala ridotta. Con un talento collettivo di rilievo e tanti atleti di punta, i giovani avrebbero dei modelli a cui ispirarsi, eppure preferiscono entrare in tavoletta. Ma perché i nati negli anni 80 e duranti i primi anni 90 sono così forti con il longboard ed i giovani di oggi non dimostrano interesse?
La cultura sta cambiando
Oggi il surf non è più un fatto di ribellione sociale. I giovani ragazzi lo vedono come un vero e proprio sport, si allenano e si preparano con l’ottica di diventare degli atleti e prendono come riferimento i campioni che partecipano al Championship Tour. La WSL trascura completamente il longboard, ed anche i brand puntano principalmente sulle competizioni. Questa trasformazione culturale che ha investito il surf ha dato il colpo di grazia alla disciplina della tavola lunga.
Il circuito nazionale non si ferma, ma i prossimi talenti vengono da fuori: Caponera e Caimi
In mezzo ad anni di stasi, in Italia c’è un movimento che non si è mai fermato, anzi, ha portato avanti un circuito di competizioni di livello alto in giro per l’Italia. Molti partecipanti, molto entusiasmo ed una medaglia d’argento ai campionati europei juniores conquistata dal giovane Filippo Marullo che insieme a Mattia Maiorca compone l’ultimo baluardo del surf italiano in vista di una possibile inclusione del longboard alle Olimpiadi a partire da Los Angeles 2028. Occhi puntati anche su Eduardo Caponera, italo brasiliano di 13 anni che scivola sulle onde in grande stile. Anche per le donne c’è una speranza per dare seguito al dominio di Francesca Rubegni: Ginger Caimi, ragazzina 10 anni che vive a Fuerteventura e controlla la tavola come se fosse una parte naturale del suo (ancora) esile corpo.
1 commento
Oltre a un discorso generazionale direi che ci sono anche due motivazioni ancora più banali.
Im primis, i soldi, il longboard costa decisamente di più di una tavoletta e si può rompere più facilmente in condizioni di mare cattivo rispetta a una tavoletta.
E 2 : la logistica, per un ragazzino , oppure siano anche i genitori é molto più semplice di portarsi una tavoletta a presso che un tavolone.
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