Avere onde epiche sotto casa è il sogno di ogni surfista. Ogni mattina ti svegli, guardi il mare dalla finestra, vedi le barre srotolare e sei felice. Ma siamo sicuri che sia veramente un sogno e non un incubo? Dipende dai punti di vista ovviamente. Le migliori onde del pianeta si trovano in paradisi terrestri lontani dalla civiltà. In questi luoghi il surf è stato portato dai visitatori e spesso le realtà locali che dispongono di un patrimonio naturale come le onde, non sanno nemmeno come sfruttarlo. Se a primo impatto l’introduzione del surf può sembrare come una manna dal cielo per le popolazioni autoctone che potranno godere delle virtù del turismo, a lungo termine gli aspetti negativi possono surclassare i benefici. A supporto della teoria proviamo a farvi alcuni esempi concreti citando delle destinazioni famose:
- INDONESIA – Scoperta surfisticamente durante gli anni ’70, la notorietà di questo paese è andata via via crescendo fino al boom scaturito grazie (o per colpa) dei social network. Le imprese nate in Indonesia sono per la maggior parte di matrice straniera ed i nativi quindi, potendo comunque beneficiare di nuovi posti di lavoro, sono stati costretti a sacrificare una parte della loro terra ed a cambiare le loro abitudini. A dispetto dell’abbondanza di onde epiche e nonostante il surf sia stato introdotto da ormai quasi 50 anni, solo nel 2022 un indonesiano è riuscito a qualificarsi al World Tour. Piuttosto strano no? Tenete a mente questo punto, lo approfondiremo poco più avanti.
- MAROCCO – Un altro esempio lampante che ci viene in mente è quello del Marocco. Taghazout si è sviluppata costantemente negli ultimi 15 anni ed è arrivata ad ospitare una delle tappe più importanti del circuito africano. Se qui il movimento ha portato dei benefici tangibili a livello economico, la situazione è un po’ diversa ad Imsouane. Famosa per la sua leggendaria baia dove srotolano onde destre epiche, nell’era post-covid è divenuta la mecca per influencers e digital nomads. Il continuo affollamento in line-up e la nascita di surfhouse e surfcamp sta creando una vera e propria situazione di conflitto con l’attività principale dell’economia locale, la pesca. Anche in questo caso, come in Indonesia, nonostante la qualità e la frequenza delle onde, i surfisti locali hanno difficoltà ad emergere.
- POLINESIA FRANCESE – Se nelle prime due destinazioni l’economia e l’affollamento sono argomenti fortemente impattanti, per la Polinesia il discorso è più ambientale e culturale. Qui si trova una delle onde più belle e famose del pianeta, Teahupo’o. Lo slab leggendario sorge nell’omonimo villaggio dell’isola di Tahiti che è stato scelto dalla Francia come spot per svolgere le gare di surf di Parigi 2024. La Polinesia è una destinazione remota e surfisticamente d’élite. Costa molto raggiungerla, le onde sono proibitive ed il viaggio è molto lungo. Il turismo dunque è sempre stato molto apprezzato dai surfisti locali che lavorando con poche persone hanno potuto sostenersi senza danneggiare in alcun modo l’ecosistema e senza alterare il loro stile di vita. Finché non sono arrivate le Olimpiadi.
La cultura
Eccezion fatta per Hawaii e Polinesia, in cui il surf è nato e si pratica sotto diverse forme da ormai centinaia di anni, i popoli autoctoni prima dell’avvento del surf-turismo non avevano assolutamente idea di cosa fosse il surf. Ai fini dello sviluppo dello sport e delle attività ad esso correlate, non rendersi conto del potenziale di ciò che si ha è una grave lacuna. Expat ed investitori stranieri ne hanno tratto benefici, approfittando di questo deficit per fare business. Nascondendosi dietro la scusa di aiutare i locali, si finisce per alterare le loro abitudini dando in cambio poco o nulla.
La difficoltà di emergere
Avere tutti i giorni onde epiche davanti casa è un bel vantaggio per diventare forti nel surf. Le onde sono necessarie per allenarsi ed avere costanza è ciò che permette ad un surfista di diventare un professionista. Ma è vero che surfare sempre in uno spot world class garantisce il successo nelle competizioni? No, il contrario. Le Hawaii ad esempio vantano alcune delle onde più spettacolari del mondo ed un numero di praticanti estremamente alto. Qui il livello del surfista medio è nettamente superiore rispetto al resto del mondo, eppure lo stato del Pacifico ha dato vita soltanto a 4 campioni del mondo nella sua storia.
Al contrario di quanto si possa credere infatti, non sempre le condizioni migliori aiutano nella crescita. Se è vero che surfare Pipeline tutti i giorni fin da quando si è piccoli può far migliorare molto, l’abitudine e l’attaccamento ad un determinato spot può essere controproducente. I brasiliani, gli australiani e Kelly Slater ne sono la testimonianza più palese. L’undici volte campione del mondo è nato e cresciuto in Florida, non proprio la prima meta che ci viene in mente per un viaggio di surf. I brasiliani surfano onde di poca qualità ed anche gli australiani sono spesso obbligati ad entrare in situazioni non proprio delle migliori. Surfare sempre su onde perfette vizia e quando l’atleta deve affrontare condizioni differenti si trova in difficoltà.
L’affollamento
Spot world class = affollamento garantito. Pipeline è la mecca del surf ma nel periodo buono qui c’è una concentrazione di eventi tale da rendere la North Shore hawaiana un vero e proprio circo. Nonostante i locali siano estremamente rispettati, è fisiologico che l’affollamento crei situazioni di tensione e che non ci siano abbastanza onde per tutti. Le onde epiche portano surfisti di livello e questo rende difficile potersi godere giornate di surf in santa pace. Guardate nel piccolo quello che succede in Italia quando c’è una bella mareggiata e moltiplicatelo per cento.
Il paragone italiano
L’Italia è una piccola macchiolina all’interno del mondo del surf eppure la nostra scena può essere un esempio concreto di quanto detto in precedenza. Le onde migliori del paese non combaciano affatto con la provenienza dei surfisti più talentosi. A rappresentare l’Italia in campo internazionale sono quasi sempre atleti cresciuti sui litorali laziali oppure tra i piloni dei pontili versiliesi. Maggior frequenza a discapito di minor qualità fanno la differenza. Edoardo Papa, il secondo surfista più forte dopo Leonardo Fioravanti viene addirittura dall’Abruzzo, in costa est, dove le onde non sono di certo una specialità tipica. Matteo Calatri, Alessandro Piu e Filippo Orso sono le eccezioni che confermano la regola, non sempre dai posti con le onde migliori nascono i migliori talenti.
L’economia di settore
L’economia di settore è convogliata tutta nelle mani di pochi. I grandi brand hanno sede in paesi dove la cultura del surf è fortemente sviluppata e ci sono tanti praticanti. America ed Australia la fanno da padroni e se un brand deve supportare un atleta non andrà di certo a sceglierne uno che viene da un paese che surfisticamente ha buone onde ma poche persone disposte a spendere. Ed ecco che ritorna la Polinesia. I giovani ragazzi di Tahiti hanno un grandissimo potenziale ma faticano a trovare un supporto che gli permetta di viaggiare e competere per diventare dei professionisti. Avere le onde perfette quindi non basta.
Quindi, pensate sempre che avere onde epiche davanti casa sia un sogno? Noi siamo dell’idea che le onde migliori siano quelle che ti fanno divertire di più. Avere uno spot con onde world class davanti casa, potrebbe essere più frustrante di quanto possiate credere.