Nessuno di noi può oggettivamente capire cosa significhi gestire il finale di una carriera sportiva da leggenda. Per arrivare a comprenderlo, per riuscire a provare quel senso di abbandono, bisognerebbe aver prima toccato picchi di acclamazione e notorietà a cui solo i grandi sportivi possono aspirare. È difficile per chi ha accarezzato l’immortalità accettare che la partita sia conclusa, che il tempo sia scaduto, che il tempo è tiranno e non guarda in faccia nessuno.
Sono romanista e come molte altre persone nel nostro paese seguo il calcio per tradizione familiare, guardare la Roma con mio papà e mio fratello è un rito. Non dimenticherò mai il giorno dell’addio di Francesco Totti, col quale mi sentivo litigato per via della (secondo me cattiva) gestione che aveva fatto dei suoi ultimi due anni di carriera. Totti e Kelly Slater hanno fatto lo stesso errore: non potendo ammettere che la fine era vicina, che da un certo momento in poi ogni partita e ogni heat sarebbero stata superflue, hanno messo sé stessi davanti a tutto il resto. Totti antepose la sua voglia di giocare titolare alle ambizioni di una Roma che era in lotta per obiettivi ambiziosi, accendendo una guerra civile tra i tifosi e Spalletti, Slater invece negli ultimi anni ha approfittato del suo status per sfruttare il circuito mondiale come un lungo surf trip itinerante. E quando le previsioni o lo spot dove faceva tappa il CT non erano di suo gradimento, Slater dava forfait inventando presunti infortuni. Ma ci arriviamo, un passo alla volta.
“Concedetemi di avere paura – diceva Totti nel suo discorso d’addio -, spegnere la luce non è facile”. Trovo che le parole di quella lettera condivisa con 68.000 persone il 28 maggio del 2017 allo Stadio Olimpico possano aiutarci a capire in che stato emotivo si trovi un campione in procinto di lasciare. Empatizzo, arrivo al punto di giustificarli, ma avrei voluto che fosse andata diversamente. Lo stesso è accaduto con Valentino Rossi per esempio, ricordo di aver avuto la medesima sensazione. Spero che il prossimo non sia LeBron James, che a 39 anni ha giocato 60 partite segnando 25,5 punti di media. Si è da poco concluso il suo 21° anno da professionista in NBA. LeBron, così come Kelly, è stato uno sportivo professionista per più del 50% della sua vita. Quant’è difficile mettere un punto e ricominciare da capo? Ve lo faccio spiegare da Francesco Totti:
Scusatemi se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri, ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura. E non è la stessa che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un calcio di rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà “dopo”. Concedetemi un po’ di paura.
Francesco Totti
Vincere Pipeline a 50 anni e chiuderla lì, perché no? Il finale da film che tutti meritavano.
A questo punto avrete ormai capito che non mi è piaciuto il modo in cui Kelly Slater ha gestito il suo finale di carriera. Un finale troppo lungo, strascicato, costellato di pretese. È indubbio che il surfista più grande di sempre abbia accumulato un credito enorme in 35 anni di carriera da professionista, ma il tempo oltre a scorrere veloce, offusca la memoria. L’ultimo ricordo che abbiamo di una persona condiziona pesantemente la considerazione che avremo della stessa. È una triste verità, un’ingiustizia con cui gli sportivi devono spesso fare conti. Infatti provo a chiedervi: qual è la vittoria di Kelly Slater che ricordate meglio? Io dico Pipeline, gennaio 2022, l’ultima vittoria. Vincere Pipeline a 50 anni è stata un’impresa da film. Era quello il momento per salutare, sarebbe stato un finale perfetto, glorioso.
Invece dal Pro Pipeline del 2022 in poi, Kelly Slater ha reiterato errori e atteggiamenti irrispettosi, approfittandosi di una WSL che per non prendere l’ennesima decisione impopolare è finita in concorso di colpa. Nel corso degli ultimi due anni si sono verificate alcune situazioni che hanno evidenziato lo scarso interesse di Kelly nei confronti dei suoi colleghi, così come dell’immagine pubblica della WSL.
I finti infortuni di Kelly Slater
I finti infortuni ad esempio, un sistema scientifico studiato per evitare tappe del circuito mondiale poco gradite a sua maestà Slater. Da seguace appassionato del CT ho vissuto quest’abitudine di Kelly come una presa in giro che oltre a ledere l’integrità della World Surf League, mancava di rispetto ai colleghi che puntualmente mentre si sfidavano su onde brutte, storte e ventose vedevano “l’infortunato” Kelly Slater surfare dei tubi dalla parte opposta del globo. L’ultima volta è successo a marzo durante il Pro Portugal: Kelly guardando le previsioni ha capito che la gara si sarebbe disputata con condizioni dubbie, quindi ha spedito alla WSL un bel certificato medico che attestava un non meglio precisato “infortunio all’anca”. Ditemi voi se un 52enne possa surfare così da infortunato.
Non un dolorino, un fastidio muscolare, ma un infortunio che ti impedisce di gareggiare. Per alcuni Kelly Slater è stato un idolo anche in questo, perché si è comportato esattamente come avrebbe fatto ogni surfista comune: potendo scegliere, meglio Supertubos sporco e ventoso o un Kirra perfetto? Ma dai, non c’è partita. Solo che Slater non è un comune freesurfer, ha deciso di rimanere un surfista professionista regolarmente iscritto alla World Surf League, e questo gli impone alcuni doveri morali, se non anche contrattuali.
Le wildcard ad honorem contro ogni logica sportiva
Ve ne fregate dell’integrità della WSL calpestata pubblicamente con clip video che fanno il giro del mondo su Instagram? Ok, posso capirlo, ma allora parliamo di quei surfisti che si barcamenano una vita per entrare nel Tour e che rischiano di perdere quell’ultimo slot disponibile che viene occupato di diritto dal 52enne Kelly Slater. È successo con Ramzi Boukhiam, che dopo essersi gravemente infortunato alla caviglia in vista della suo esordio nel CT a Pipeline (2023), si è visto scavalcare da Kelly, a cui la WSL ha arbitrariamente assegnato una injury wildcard per tutta la prima metà della stagione 2024. Un’ingiustizia incredibile, un torto sportivo che non sono riuscito a mandare giù. La sorte ha fatto in modo che fosse di nuovo l’onda di Pipeline a rimettere tutto in equilibrio. In seguito al terribile infortunio accaduto a Joao Chianca, si è liberato un posto per Ramzi Boukhiam, che a differenza di Slater ha superato il taglio ed è attualmente 15° nel ranking mondiale. Kelly ha annunciato il ritiro dalle competizioni a Margaret River ma tornerà, sempre grazie alle solite wildcard, a Tahiti (Teahupo’o) e Cloubreak (Fiji), due delle sue onde preferite. Come ho detto la World Surf League è connivente e nonostante io sia molto in linea con le scelte del management, sono sicuro che abbiano fatto i propri conti. Permettere a Kelly Slater questo continuo dentro-fuori smascherato dal mondo social come una grande farsa, alla WSL dovrà convenire in qualche modo. La spiegazione più plausibile è che non possono farne a meno, che Kelly è ancora percepito come il surfista più influente del pianeta.
Perché Kelly Slater è ancora nel Tour?
Rimane solo una domanda in sospeso: perché l’11 volte campione del mondo non ha ancora detto basta? Perché non sa vivere senza competere? Può darsi. Perché non vuole rinunciare al privilegio di surfare le migliori onde del mondo soltanto con uno o due avversari? Sì, magari sarà anche questo. Perché Kelly Slater è proprietario o azionista di 11 aziende in gran parte legate al mondo del surf? Eh, sai che forse…È verosimile immaginare che le vendite di Firewire, azienda che produce tavole di cui Kelly è proprietario al 70%, siano influenzate dalla visibilità che Slater può avere anche attraverso la World Surf League. L’anno scorso è nata KLLY, brand di scarpe, mentre ad inizio mese il surfista californiano ha lanciato Freaks of Nature, un marchio di creme solari. Poi ci sono Purps, la tequila Solento, il più noto Outerknown e la Kelly Slater Wave Co. venduta proprio alla WSL. Quando la lega con cui sei sotto contratto è anche un tuo partner d’affari, può succedere che lo spirito sportivo finisca in secondo piano. Ho chiesto varie volte a Leo Fioravanti se sapesse come e quando si sarebbe consumato il ritiro di Slater, ma nessuno ha mai avuto certezze. Secondo le ultime indiscrezioni, rimane ancora the last wildcard: Pipeline 2025. E quando il sipario sulla leggenda sportiva di Kelly Slater sarà definitivamente calato, il mondo del surf intero si alzerà in piedi per applaudirlo. Tutto molto bello, peccato soltanto per il finale.