di Ruben Crudelini
Con l’arrivo della primavera, dopo inverni più o meno rigidi, molti di noi percepiscono un’aria di rinascita e voglia di cambiamento, portandoci a voler trasformare in realtà quei sogni su cui fin troppo fantastichiamo durante le buie giornate invernali. In un contesto simile, è nata l’idea di intraprendere un viaggio per oltrepassare i confini della nostra quotidianità, verso realtà che rappresentassero un diverso modo di interpretare la vita ed il mondo.
Indonesia in cerca di autenticità: la Bali che non ti aspetti e l’arcipelago di Flores.
Dopo un periodo passato a risparmiare tagliando sulle uscite e sugli svaghi, favorendo la ricerca, la pianificazione e lo studio del territorio, la nostra scelta è ricaduta sull’Indonesia, con un focus su Bali, Lombok e Flores: tre isole che rappresentano un ricco mosaico di valori e tradizioni, dove l’armonia con Dio, la natura e le persone costituisce il cuore della vita quotidiana. L’Indonesia è un paese che, date la sua vastità e complessità, si trova sospeso tra tradizione e modernità, offrendo agli occhi dei più attenti una scoperta continua, specialmente in un’epoca in cui il turismo globale trasforma rapidamente il volto delle sue isole.
Il nostro itinerario è iniziato trascorrendo qualche giorno a Ubud, nel cuore di Bali, da dove ci siamo poi spostati per dirigerci a Nord-Ovest, lontani dalle zone più battute, trovando la parte più autentica dell’isola. Qui la natura domina e l’intervento umano si inserisce in modo armonioso nell’ambiente circostante, permettendoci di entrare in contatto con la vita locale in un contesto meno frequentato, seppur non del tutto immune alle influenze esterne. È qui che è avvenuto il nostro primo incontro con la cultura surfistica autoctona, quando, chiedendo in giro, siamo venuti a conoscenza dell’esistenza nella costa Nord-occidentale di spot meno inflazionati. Infatti, questa parte dell’isola viene spesso scartata dagli appassionati data la prossimità dello stretto tra Bali e Java, che a tutto farebbe pensare fuorché al generoso risultato di una swell. Eppure, il bello del surf è anche che a volte esce dai confini della scienza, seppur solo apparentemente, per premiare i più audaci.
Dopo le nostre incursioni a Nord-Ovest, attraverso un volo interno, siamo arrivati alla parte più orientale del nostro viaggio, più precisamente a Flores. La tappa è stata irrilevante solo in termini surfistici, ma ci ha comunque visti impegnati in un itinerario fitto di occasioni di comparazione e possibilità di riflessione su diverse forme di turismo. Il carattere gioviale e genuino della gente, l’ospitalità, la cura che hanno degli ancora pochi turisti che si spingono fino a là, e l’orgoglio nel mostrare le bellezze circostanti, tradisce una marcata consapevolezza rispetto al tema del turismo massificato nel paese.
Lombok sarà la nuova Bali. Il surf come le lasagne a Bologna, turismo mordi e fuggi.
Viaggiando per Flores attraverso le meravigliose 17 isole, giungiamo a Lombok. Qui il surf è sicuramente uno dei temi centrali, ma anche una realtà profondamente influenzata da una commercializzazione crescente. La cultura surfistica si sta espandendo a un ritmo che solleva interrogativi, soprattutto se si guarda con un occhio alla vicina Bali e in particolare alle condizioni del Bukit, a cui arriveremo. Osservare come il turismo stia alterando la natura di queste esperienze ha dato adito a riflessioni in merito alle contraddizioni ed alle ambiguità di tale fenomeno.
Lombok, un tempo destinazione per lo più per appassionati ed esperti, sta diventando gradualmente un luogo di passaggio per visitatori alla ricerca di esperienze facilmente accessibili, con un approccio superficiale e pressapochista. La fioritura di scuole a basso budget che stipano i clienti come sardine in spot un tempo rinomati come Tanjung Aan e Selon Belanak. Questo è solo uno dei tanti segni di erosione di un’identità locale in progressiva caduta a favore di una serializzazione turistica del surf. Durante i nostri tentativi di vivere un surf sano in loco, abbiamo assistito a veri e propri ammassi di persone in acqua, senza una minima idea di quali siano le regole di sicurezza per questo sport, letteralmente lanciate da sedicenti e improvvisati istruttori che hanno spesso messo a rischio l’incolumità altrui. La solita vecchia storia insomma. Vero è che tutti ci siamo ritrovati da beginner in situazioni di sovraffollamento della line-up e la questione non migliora di certo in spot più tecnici, ma d’altra parte è lampante che chi si reca a Lombok provi il surf come si provano le lasagne a Bologna o les escargots a Parigi.
Dentro l’area media della Padang Padang Cup con il lasciapassare di Tuttologic Surf.
Dopo alcuni giorni a Lombok, in cui tra le altre esperienze ci siamo spinti alla ricerca di spot meno battuti, costruendo relazioni coi locali ed avendo comunque trovato occasioni per migliorare il nostro surf, è iniziata l’ultima parte del viaggio. Questa è stata anche la ragione scatenante per la redazione dell’articolo che stai leggendo. È stato proprio durante questo periodo che mi è venuto in mente di contattare Leonardo (Direttore di Tuttologic Surf, ndr), dato che avevo l’intenzione di assistere ad una delle più importanti competizioni di surf al mondo, la Rip Curl Cup a Padang Padang Beach.
La mattina delle finali ci siamo messi in viaggio alle 04:30 e siamo giunti in anticipo a Padang Padang riuscendo, con un po’ d’ingegno, a farci inserire nella lista dei media invitati ad assistere alla competizione. La giornata è stata unica e ci ha fornito l’occasione per farci una profonda idea di ciò che sta accadendo a quello che un tempo era uno dei santuari del surf mondiale. Ad oggi questo spot si trova al centro di una dinamica turistica e commerciale che rischia di cancellarne in maniera definitiva l’autenticità. Negli ultimi anni, infatti, lo sviluppo intensivo ha messo a dura prova l’area. La costruzione di infrastrutture turistiche, l’erosione e l’accumulo di rifiuti stanno alterando gravemente l’ecosistema, suscitando le preoccupazioni, tra gli altri, di ambientalisti e appassionati di surf.
Nonostante gli sforzi per ridurre l’impatto, il progetto di demolizione continua, rischiando di comprometterne non solo l’integrità ecologica, ma anche la cultura del surf profondamente radicata nella regione. Recentemente a Uluwatu il governo ha investito oltre 80 miliardi di Rupie Indonesiane per espandere la strada Nirmala-Uluwatu, un progetto volto a ridurre la congestione del traffico, che è diventato un problema significativo con l’aumento del numero di turisti. Tuttavia, questo progetto ha suscitato non poche discussioni dato l’impatto che tali modifiche porterebbero all’ambiente e alla comunità. Un rischio ulteriore è il degrado del reef che potrebbe alterare le dinamiche del surf spot, oltre a causare danni irreparabili all’ambiente naturale.
La visione dei super local balinesi Rizal Tandjung e Tipi Jabrik sul turismo incontrollato.
Durante la gara, abbiamo avuto l’occasione di parlarne con leggende del surf come Rizal Tandjung e Tipi Jabrik, figure di spicco nel panorama indonesiano, la cui autorità in materia non necessita di presentazioni. Entrambi hanno offerto un’analisi della situazione attuale del Bukit, riflettendo sul cambiamento rispetto agli anni ’90 e 2000, quando la folla e l’eccessiva commercializzazione di questi luoghi erano ancora lontane. Quell’epoca sembra ormai remota, e l’affollamento di oggi sarebbe stato impensabile allora. Le loro osservazioni si sono concentrate sulle condizioni attuali e sulle prospettive future della regione, con un occhio critico verso l’evoluzione che il surf e il turismo hanno subito.
Un aspetto interessante che è emerso, è stato il differente approccio che i due surfisti hanno verso il crescente interesse per il surf e Bali in generale. Mentre uno si mantiene più conservatore e scettico, preoccupato per le conseguenze dell’aumento di praticanti e turisti, l’altro si mostra più aperto, vedendo positivamente l’avvicinamento di un pubblico sempre più vasto, anche solo per curiosità. Chi conosce bene le loro carriere e personalità può facilmente immaginare chi dei due abbia adottato una visione più cauta e chi, invece, abbracci una prospettiva più ottimista. Il contrasto emerge anche nella percezione dell’apertura di Bali al turismo. Da un lato, si evidenziano i pericoli legati al sovrappopolamento del Bukit, con una valutazione prudente dei rischi legati alla pressione del turismo e agli investimenti stranieri. Dall’altro, viene messo in luce come questo interesse abbia portato benefici concreti, migliorando le condizioni economiche e sociali delle popolazioni locali. Il turismo ha permesso di far conoscere al mondo la cultura indonesiana, la bellezza del territorio e il profondo senso di comunità che caratterizza la vita nelle isole.
Entrambi i surfisti concordano su un aspetto fondamentale: la grande umanità, gentilezza e positività degli abitanti di Bali ha spesso portato a lasciare troppo spazio agli investitori stranieri, che comprano, costruiscono e, in molti casi, finiscono per danneggiare l’integrità della zona. Questa dinamica solleva interrogativi su come preservare la cultura e l’ambiente del Bukit di fronte a una continua espansione turistica. Non solo esperti affermati e personalità consolidate, ma anche giovani promesse si sono messe a disposizione con vivace interesse per dire la loro sul tema, come Erin Brooks, fresca di vittoria a Tahiti, o la regina di Pipeline, Moana Jones Wong – vincitrice del contest nella categoria femminile per quest’anno -, ed il talentuoso Sudafricano Mikey February, atleta dallo stile unico che non nascondo di apprezzare particolarmente.
Le conversazioni hanno esplorato diversi aspetti cruciali, passando dalla WSL e la percezione da parte delle nuove generazioni del surf tra lato agonistico e spirituale, l’effetto pervasivo dei social media sulla cultura del surf, considerando come questi strumenti stiano influenzando le aspettative dei surfisti di oggi, contribuendo al crescente interesse per il free surfing e il video making indipendente, ed il modo in cui queste tendenze stiano rimodellando l’idea del surf, della sua pratica e della sua rappresentazione.
La connessione con l’oceano ed il Tri Hita Karana: è questo lo spirito della Padang Cup.
Parlando dell’importanza della spiritualità nel surf, a fine giornata, durante i festeggiamenti per la vittoria, Moana Jones Wong ha tenuto a condividere con noi il suo imprinting immediato con le onde di Uluwatu, da cui si è sentita accettata ed accolta fin da subito, ritenendo che ciò abbia contribuito in modo fondamentale alla sua vittoria nel contest e rivelando nell’atleta una spiccata intelligenza emotiva. Questo feedback ci ha dato modo di riflettere a nostra volta sull’essenza della gara a cui avevamo appena assistito, che si caratterizza per un’atmosfera unica ed irripetibile dati vari fattori. Le condizioni metereologiche durante la Padang Padang Cup sono puntualmente perfette e l’affabilità degli indonesiani contribuisce a creare un clima di entusiasmo e serenità ideale per lo svolgersi di una giornata che, più di un contest, sembra quasi una riunione di famiglia per celebrare l’amore nei confronti del surf.
In conclusione, un fattore dirimente per l’eccellente riuscita di un evento di questa portata è sicuramente la location. Un posto che, come già evidenziato a più riprese lungo il corso di questo articolo, delle bellezze naturali ha fatto la propria cifra stilistica e che, se determinate decisioni continuassero ad essere perpetrate in una certa direzione, andrà a perdersi inesorabilmente insieme ad un’identità culturale la cui fiamma sembra si stia lentamente affievolendo. Ci auguriamo che la Rip Curl Padang Padang Cup continui a svolgersi per molti anni e che i principi del Tri Hita Karana, i tre valori fondanti della filosofia balinese, ossia amore per la natura, Dio – si dia libera interpretazione a questo punto, ovviamente – ed armonia con le persone, trionfino sull’intenzione di distruggere il Bukit e l’identità culturale dell’isola.