Il mare unisce: su questo non c’è dubbio. Potremmo stare qui a discutere per ore su temi come il localismo, la sostenibilità o il fatto che il surf sia diventato una moda mettendo sul tavolo opinioni di ogni tipo. Tuttavia, sono sicuro che ci troveremmo tutti d’accordo nell’affermare che, da quando abbiamo preso la nostra prima onda, la quantità di legami che abbiamo stretto tramite questa passione non abbia limiti. Non a caso, è proprio nell’amore per il mare che le amicizie migliori trovano il modo di poter sbocciare.
In altre parole, si può dire che la line-up sia il punto d’incontro di milioni di mondi. Tra surfisti non conta l’età, il lavoro o la classe sociale: con una muta addosso siamo tutti uguali, vogliosi allo stesso modo di sentire il salino in bocca a fine session. E molto spesso è proprio in quegli attimi di attesa delle onde che le persone iniziano a dialogare. Una passione che ha unito Massimo Zeriali e Giacomo Lucchini, surfisti del confine tra Liguria e Toscana. Da un lato un fotografo e videomaker d’eccellenza, dall’altro un talento undergound del surf tirrenico: sono la prima scommessa della nuova rubrica Italian Surf Couples, in cui andremo ad approfondire la storia ed il rapporto tra le coppie più affiatate di surfisti e fotografi italiani.
“I primi shot li abbiamo fatti alla Venere 5 anni fa, aveva la camera con una busta di plastica orribile, pericolosissima, in cui spesso entrava anche acqua. Però già a quei tempi iniziava a uscire qualcosa di carino: vedevamo in qualche modo un potenziale per poter alzare l’asticella nella creazione di materiale – racconta Giacomo Lucchini. La rivoluzione è stata nell’estate 2021, quando Massi si è comprato lo scafandro serio, e da lì un giorno di fine estate, al tramonto, con delle ondine così e così, e abbiamo detto: dai perché non proviamo? Così il Massi è entrato, ho preso qualche onda buona e sono usciti subito tre shots di qualità: ci siamo gasati un botto. La mareggiata dopo siamo tornati in mare: questa volta le onde erano parecchio consistenti, ma nonostante ciò Massi è comunque entrato a nuoto, senza pinne: quell’occasione è stata la conferma che eravamo sulla strada giusta”.
Di lì in poi ogni swell la rincorriamo assieme, cercando di trovare il contesto ideale e migliore per riuscire a tirare fuori materiale di qualità. Col tempo però si è rivelato sempre più difficile: ogni volta che entriamo in mare infatti abbiamo aspettative troppo alte che puntualmente non vengono soddisfatte, così ne usciamo delusi. Poi comunque il problema è sempre quello: viviamo in Italia e le swell, specialmente nell’inverno passato, non sono state di qualità e tardavano ad arrivare, quindi trovare le condizioni ideali per fare delle foto belle non è facile. Shottare dall’acqua tantomeno, non è come stare sulla terraferma con il cavalletto ben piazzato: bisogna gestire la corrente, il picco che cambia, i fuoriserie”.
Massimo, è nata prima la passione per la fotografia o per il surf?
“Se non avessi iniziato a fotografare probabilmente non avrei iniziato nemmeno a surfare. Giacomo ha iniziato a surfare da piccolo, già a 7/8 anni si vedeva in line-up. Io ho iniziato a 14/15 anni, il Già lo conoscevo ma non surfavamo assieme perché ero un neofita. Quindi per i primi 3 anni andavo a surfare per i fatti miei con un amico, con cui producevamo le nostre foto. In periodo pre-covid poi abbiamo iniziato a frequentarci di più, andando a surfare assieme e facendo le nostre foto e video. Siamo coppia fissa dal 2019 direi”.
Prima di andare in acqua vi confrontate su prospettive, scatti o vi lasciate trasportare dal flow?
Massimo Zeriali: “Fondamentalmente entriamo in acqua e basta, non programmiamo mai quello che andremo a fare: la formula ideale ormai è che il Già le spacca in tutta serenità, come se non ci fossi, ed io cerco di immortalarlo il più possibile”.
Giacomo Lucchini: “Valutiamo subito la corrente, la tipologia di onda, quindi decidiamo un po’ dove metterci: se l’onda è cattiva si mette magari nelll’impact zone, a differenza se è un’onda più da manovre sta un po’ più sotto in modo da poter riprendere quasi tutta l’onda e avere una prospettiva migliore. Ste cose le valutiamo da fuori”.
Massimo Zeriali: “Quando entro in acqua so già se farò video o foto. Se voglio fare una foto, mi piace un’atmosfera un po’ più unica: voglio riuscire a beccare l’attimo, e non è semplice. Cosa che invece non faccio coi video: le foto mi piace farle quando c’è qualcosa di più. Il paesaggio, la vibe, la location, l’energia: sono tutti fattori che influiscono sulla decisione se scattare o meno. Cerco poi di immortalare i soliti con cui ho piacere di entrare: il Già, Giova Evangelisti e Noah Pavoni. Non amo troppo fare materiale a persone a caso, di cui poi devo editare le foto e mandargliele se me le chiedono: perderei il gusto di farlo. Poi come vedi per noi non è produrre materiale da postare. Raccogliamo semplicemente ricordi negli archivi del PC e se poi c’è qualcosa che merita davvero di essere postata la pubblichiamo”.
Massi tu a differenza di altri fotografi sei anche surfista: come scegli se entrare con la tavola o con lo scafandro?
“Entrano in gioco molte variabili. Quando il mare è buono, peso, 8 volte su 10 o la prima mezz’ora o l’ultima mezz’ora me la prendo per me. Poi ovviamente il surf è una dipendenza, per cui se riesco surfo. Se non vedo che ne vale la pena per fare foto e video cerco di surfare: il materiale è figo ma col tempo rischia di diventare monotono. Mi sono reso conto nel tempo che se continuassi a fare riprese dall’acqua, sempre con le stesse ondine da un metro, un metro e mezzo, sempre nella stessa location o con lo stesso slow-mo perderei un po’ la scintilla”.
Giacomo un amico con cui condividere onde e produrre materiale è una gran fortuna. Se non ci fosse Massimo, tu saresti comunque invogliato a produrre materiale oppure lo riterresti superfluo?
“Io entro in mare non perché so che c’è qualcuno che mi riprende: il surf è una dipendenza. Sicuramente, anche se non avessi questo rapporto con Massi, sarei propenso a produrre materiale. Montavo anche io dei video quando ero piccolino: mi facevo filmare da fuori da mio padre con la telecamerina. Però ho sempre avuto il sogno nel cassetto di fare un video, per esempio, su un viaggio o che. Probabilmente riuscirei con scarsi risultati, perché Massi è un fenomeno sia a scattare sia a montare, però proverei in ogni modo ad arrangiarmi. Cercherei di trovare un modo”.
“Di certo non andrei in giro a cercare qualcuno per farmi delle foto e/o video, anche da pagare. Fai conto che quando ero bambino, per vedere come surfavo, lasciavo la telecamera accesa con il trepiedi in spiaggia: mi buttavo in mare e surfavo davanti alla telecamera. Questo ovviamente anche in ottica di auto-analizzarmi e capire dove poter migliorare, anche se ogni volta quando mi vedo in un video penso sempre: che brutto, ma davvero surfo così male? Questo però direi che è un problema che abbiamo tutti”.
Foto e video che fate uscire sono sempre di manovre chiuse? Scegliere lo scatto epico o la credibilità?
“Credibilità, assolutamente: non ci piace fare i fake. Capita che Giacomo faccia delle manovre epiche che non chiude, però tendiamo a non pubblicarne contenuti de genere”, mi risponde Massimo, il fotografo. L’altra metà della coppia replica così: “Non sono il tipo perché innanzitutto non mi piace. Secondo, se qualcuno capisce veramente di surf lo vede che non hai chiuso una manovra e lì secondo me si finisce per scadere nel ridicolo”.
Che idea avete del surf?
Giacomo: “Per me il surf è una malattia. Quando prendo la macchina e ci sono le onde mi batte il cuore fortissimo e divento nervoso, perché l’unico pensiero diventa surfare. Quando entro poi mi libero di tutto, mi sfogo proprio. Dopodiché, amo il mare sotto tutti i punti di vista: sono appassionatissimo di pesca, e pescare negli stessi posti in cui poi vado a surfare mi fa sentire ancora di più in contatto con esso. Farlo in Italia poi è ancora più bello: è incredibile quando sei a La Santa, a Varazze, con i barroni che arrivano, pettinati dal vento off-shore, e dietro ci sono tutte le case tipiche liguri. Non avremo le onde tutti i giorni, ma quando si entra in mare in Liguria ci si sente coccolati”.
Giacomo ti sta bene di non esser considerato (come secondo me meriti) in tutta Italia oppure punti ad avere una maggior fama?
“A me piace anche rimanere nell’underground. Molti surfisti in Italia pensano più alla popolarità che a fare surf. A me piace andare negli spot dove non mi considera nessuno, surfare e poi tornare la volta dopo conoscendo tutti. Molti di quelli che entrano in acqua col fotografo fanno solo la manovra davanti al fotografo per avere il contenuto figo. Io surfo come surferei senza il fotografo: naturale. Remo, leggo l’onda e faccio quello che mi viene”.
Massimo in futuro vorreste realizzare un progetto un po’ più ampio rispetto al solito video da un minuto?
“Sì, la scorsa estate siamo partiti con l’idea che alla fine dell’anno avremmo montato un cortometraggio/surf-film che racconti del surf in Italia: il paesaggio, i personaggi. Nella nostra zona comunque abbiamo gente forte: Giò, Pippo, Noah. Però quest’inverno non è stato generoso: tra una cosa e l’altra sono riuscito a raccogliere poco materiale. È un progetto che richiederà tempo: giornate intere dedicate a quello. Noi quando surfiamo dedichiamo la giornata al surf, non ai video, quindi dovremmo concentrarci di più sulla produzione. Con le riprese più belle, contestualizzate ovviamente, di 3 anni di surf magari riusciremo a tirare fuori qualcosa di bello. L’obiettivo è raccontare”.