Le onde sono una grande metafora della vita: ti danno l’idea di poterle dominare ma allo stesso tempo ti fanno capire che non devi spingerti troppo oltre. Per questo mi piace pensare che il surf sia delicatezza e impeto, potenza ed eleganza, stile e tecnica, mente e corpo allo stesso tempo. È come se avesse due anime contrastanti, che in qualche modo si completano. Un po’ come lo Yin e lo Yang, a tal punto che nel perfetto equilibrio tra le due ci ritroviamo in armonia con l’onda e con noi stessi. Tuttavia, siamo solitamente soffermarci soltanto sulle sfaccettature del surf più esplicite, rappresentate dalla performance e dalla tecnica.
Per fortuna esiste ancora chi racconta l’eleganza, la profondità e la delicatezza del surf: è quello che ho trovato nelle foto di Stella Lauro e Tommaso Orlandi. Lei una longboarder dell’equipaggio genovese, lui un surfista e fotografo del granducato toscano. Dall’unione dei due nasce una storia d’amore col surf, un viaggio introspettivo camminando fino alla punta del longboard tra i beach break francesi e le onde tirreniche.
Come e quando vi siete conosciuti?
Stella: Era il 2016 e dopo il Recco Surf Festival trovai delle foto che mi fece Tommaso durante l’evento. Ci siamo sentiti per un anno su Instagram e tra un post e l’altro, è capitato di incontrarci nuovamente dal vivo al RSF successivo. Di lì all’estate sapevo che sarei andata a Hossegor, per cui ci siamo sentiti poco prima che salissi in Francia per ritrovarci a passare mesi assieme nelle Landes. Dopo Hossegor è arrivato il periodo covid e per un po’ non ci siamo potuti più beccare. L’anno dopo mi sono trasferita due mesi in Toscana e lì abbiamo avuto l’occasione di surfare assieme e scattare approfondendo il nostro rapporto.
Tommaso: C’eravamo messi d’accordo per fare del materiale che sarebbe servito a Stella per le sue collaborazioni. Io ero ancora alle prime armi, quindi non avevo chissà quale attrezzatura. Stella la vedevo da tempo sui social e avvicinandoci piano piano sempre di più siamo arrivati a produrre molto materiale assieme, che servisse a lei ma che venisse anche da idee per dei miei progetti. Il tutto è iniziato ufficialmente ad Hossegor, dove abbiamo girato qualche video.
Le foto di Stella e Tommaso raccontano il surf in modo appassionato e romantico. Stella, che cosa ti piace di più del suo ‘essere fotografo’?
Stella: Riesce a cogliere molto bene la sensibilità e la grazia, sia nei movimenti sia nelle espressioni. Non a caso inserisce sempre nelle sue foto una parte emotiva, senza immortalare solamente la parte tecnica. Anche perché il soggetto sono io per cui su quello c’è poco da fare (ride, ndr).
Tommaso interviene: Si vede che Stella è a suo agio quando è in mare, tuttavia traspare spesso il suo stato d’animo. In alcune occasioni ho notato da fuori che aveva tanti pensieri per la testa, quindi anche scattando mi sono fatto ispirare dalle sue debolezze. Ho cercato infatti di fare foto che, per quanto abbiano vuoto intorno, riprendono il soggetto centrale immortalandone lo stato d’animo, senza dover fare finta di essere in acqua ad immortalare un pro con due metri puliti in California. L’obiettivo è far capire che anche in 30 centimetri d’onda Stella sta facendo quello che più la rappresenta, nonostante i problemi e i pensieri che la routine quotidiana ci mette davanti.
A me piace anche il fatto che sotto le foto che pubblichi ci sono sempre delle didascalie degne di nota. Mi fanno capire che sei una persona che riflette prima di fare qualcosa. C’è uno studio e un messaggio dietro a quello che fai: qual è l’obiettivo nel momento in cui scatti?
Tommaso: Dipende dalle esigenze. Ad esempio quando si lavora per qualche brand porto a casa degli scatti più predisposti dal punto di vista commerciale, con una mia interferenza umana relativa e limitata alla situazione. Dall’altro lato, durante la creazione di materiale per un gusto mio, estetico, o per il gusto di descrivere la situazione che stiamo vivendo in acqua, c’è più uno studio di pensiero dietro.
Stella, ti fa vedere le foto dalla macchina oppure se le tiene per sé?
Stella: Quando lavoriamo per brand mi permette di vedere qualche preview, ma giusto perché il compito è a breve termine. Sennò figurati, alcune foto le ho viste per la prima volta dopo mesi quando le postava Tommaso e mi arrivava la notifica della menzione del post.
Tommaso: Quando ha bisogno di qualche scatto in generale insiste di più lei nel ricercarlo. Di base da ogni session tiro fuori quei 2/3 scatti che mi piacciono molto e ci dedico giorni di lavoro per editarle, del resto non mi interessa molto. Io poi non cancello niente per cui tutto quello che ho prodotto si trova nei miei 7 hard-disk. Non a caso, ogni tanto li rispolvero e trovo qualcosa di nuovo su cui lavorare e da poter condividere. Comunque quando ho quello scatto in mente che ho fatto lì per lì, che mi sento tremare, lo condivido subito con Stella. Altrimenti gli altri tendo a mandarglieli con molta calma e coercizione soprattutto.
C’è un motivo?
Tommaso: Quando tiro fuori lo scatto che mi è piaciuto in sé e per sé sento che il lavoro l’ho fatto. Ho l’anima in pace perché quello che volevo tirare fuori l’ho ottenuto. Chiaramente con Stella c’è un rapporto diverso, però comunque quando me le chiede sono necessari 3 messaggi a settimana per mettermi a guardare quello che vuole.
Scatti anche in analogico vero?
Tommaso: Ultimamente non troppo, perché nel momento in cui fotografo in analogico mi piace affrontare tutto il percorso fino allo sviluppo e alla stampa del rullino. Purtroppo non ho più la possibilità, vivendo in barca, di sviluppare e stampare per cui mi sto dedicando maggiormente al digitale. Anche perché l’analogico è diventato mainstream per certi versi: è stato ridotto alla grana e ai colori che lo caratterizzano dimenticando tutto il resto. C’è una cultura dietro, un utilizzo e uno studio delle luci e dello sviluppo che va oltre al semplice risultato finale.
Stella, quanto influisce la presenza di Tommaso in mare sul tuo stato mentale e sulla performance? Per quanto mi riguarda, quando so che c’è qualcuno che mi immortala, non riesco molto spesso a surfare al meglio delle potenzialità. Soffri anche tu della sindrome da telecamera?
Stella: Sì, assolutamente, ma non è Tommaso il problema quanto più la fotocamera in sé. Ci sono stati momenti in cui è stato bello avere Tommy in acqua nel momento in cui avevo dei disagi che uscivano fuori tra le onde. Mi prendeva, mi portava fuori dall’acqua, mi parlava: lì sta la differenza tra avere un amico in acqua e una persona che se ti trova in difficoltà non sa come gestirti. In questo senso l’empatia che si è creata tra di noi è qualcosa di cui beneficiamo entrambi.
Stella, è anni che usi Instagram con uno scopo ben definito. In che modo concili sui social il surf con il messaggio che vuoi trasmettere?
Stella: In realtà non è altro che la mia storia. L’interesse verso i temi ambientali è partito dal surf e dallo stare tanto tempo a contatto con l’acqua. Se voglio parlare della deforestazione, che di per sé non c’entra con il mare, non importa. Il concetto è quello di essere immersi nella natura e di avere quel tipo di contatto con l’ambiente naturale. Infatti qualsiasi argomento, che sia una riflessione personale o qualcosa di scientifico, parte dal surf e non vedo modo più adatto per raccontare me stessa. Anche perché da un lato le foto rendono molto visibile quello che fai, e quello che ci scrivi sotto sono temi rilevanti che voglio condividere o pensieri che nascono indipendentemente da Instagram e dalla foto in sé. Sono due cose che vanno assieme ma non per forza la descrizione è legata alla foto.
Da tempo ho in testa che l’essenza del surf sia essere uomo e donna allo stesso tempo: eleganza e impeto, stile e potenza, cuore e fisico. Fino a che punto è possibile categorizzare il surf in questo senso?
Tommaso interviene: Il surf è bello perché in qualche modo è paritario. Con la muta siamo tutti uguali in acqua, indipendente dal ceto sociale, dall’orientamento sessuale e dal lavoro. Non ridurrei necessariamente il surf a qualcosa legato al genere. Certi momenti e certi gesti, come lo sguardo e l’impostazione, hanno un’anima ma può anche semplicemente essere qualcosa che viene naturale al surfista in questione. É qualcosa di talmente equo in questo senso che è difficile attribuire un genere al surf.
Stella: Secondo me il surf coglie tutta la sfera dell’umano. Quello che dici tu dell’eleganza associata di più alla femminilità e della potenza collegata alla mascolinità è vera ma in parte. Esiste, ma le differenzierei in un modo diverso, più tra una sfera emotiva ed una fisica. Sul longboard, per esempio, la performance dipende molto di più dallo stato emotivo. A differenza, lo shortboard è molto più adrenalinico, per cui è legato maggiormente ad uno stato fisico. È per questo che come disciplina il surf riesce a racchiudere in sé l’essenza dell’umano: le emozioni e il fisico. Una coesistenza delle due ti richiede in qualche modo di avere un equilibrio in entrambe le sfere, perché per quanto si possa essere forti tecnicamente in tavoletta non credo che si riesca a dare il meglio di sé quando sul lato emotivo ci sono problemi.