Il livello nel mondo del surf sta crescendo anno dopo anno a ritmi veloci e sembra non fermarsi più. Le manovre aeree che 30 anni fa erano considerate dei numeri da circo, oggi vengono chiuse con regolarità e rappresentano come un test d’ingresso per accedere al circuito internazionale (dal QS 1000 a salire). Se non sei in grado di farlo, non rispetti gli standard minimi. È così: siamo nell’epoca del surf aereo.
Storia
Intorno ai primi anni 80, senza molto successo, un australiano iniziava a staccare qualche manovra sul lip. Si trattava di Matt Kechele, dimenticato pioniere degli aerials. Sfortunato Matt soprattutto perché i noti colleghi Martin Potter, Matt Archbold e Larry Bertlemann pochi anni dopo di lui riuscivano ad eseguire le stesse acrobazie su onde più grandi e a velocità più elevate. Qualsiasi gesto tecnico performato oltre il lip aveva un denominatore comune: la spettacolarità senza fini, nessuno sperava di atterrare in piedi da quei salti ma piuttosto cercava lo scatto da regalare a sponsor e copertine dei magazine dell’epoca (il nostro Instagram).
A cambiare definitivamente le carte in tavola fu Christian Fletcher. L’anticristo del surf, come veniva definito all’epoca, iniziò a portare in acqua i trick che praticava negli skatepark californiani. Con Fletcher si inizia a ragionare in termini di funzionalità: salto non solo per il solo gusto di far volare la tavola, ma per continuare a surfare l’onda una volta conclusa la manovra.
Un’opposizione a questa ventata di innovazioni mutate dallo skate arrivò netta e puntuale dai giudici, che durante le gare valutavano questo genere di evoluzioni così complesse non valide tecnicamente e di poco conto ai fini del punteggio. Nel 1989 però, durante il “ Body Glove Surfbout”, Christian vince il montepremi di 100.000$, storico record per il tempo, proprio grazie ad un air. Da quella domenica pomeriggio cambierà per sempre la concezione che il mondo del surf avrà delle manovre aeree, che da lì in poi diventeranno sempre più frequenti e spettacolari.
Presente
Nonostante gli air siano sempre più presenti e inflazionati nel mondo del surf, si contano ancora tantissimi detrattori. I maggiori esponenti del movimento aereo sono diventati i brasiliani accompagnati da una buona schiera di hawaiani che cercano però di spingersi oltre il limite su onde davvero toste e pericolose. C’è chi reputa queste acrobazie superflue e overscored e chi preferisce carve potenti e un surf più rail to rail vecchia scuola, nel presente del surf però gli air sono diventati un nuovo fondamentale.
Nella settimana passata in Francia a metà ottobre ho avuto occasione di fotografare molti concorrenti del challenger series WSL. Le condizioni di mare raramente hanno superato il metro e mezzo e addirittura in condizioni di marea sfavorevole le onde erano sul mezzo metro.
Mi ha colpito particolarmente vedere surfisti molto potenti e con fisici dirompenti lanciare manovre aeree con onde che permettevano ben poco. Session dopo session ho maturato una convinzione rispetto all’utilità oggettiva di queste manovre e vi chiedo: perché un floater o una combo di appoggi sulla schiuma messi in fila per superare la sezione dovrebbe avere più valenza di un air su mezzo metro? I giudici si dividono tra progressisti e conservatori, ma prima o poi il giudizio dovrà essere uniformato.
Uno degli esempi più vicini a me è sicuramente Gianmarco Pollacchi. Cresciuto sulle spiagge di Viareggio e tra i pontili Versiliesi che non permettono di surfare onde lunghe, Gianmarco ha raffinato la tecnica sulle manovre aeree diventando uno dei migliori esponenti Italiani. Ho trascorso questa settimana insieme a lui e a Brando Giovannoni, che ha avuto modo di fare pratica e di allenarsi su un tipo di manovra che non predilige molto ma in cui si sta dimostrando molto capace e predisposto.
Gianmarco Pollacchi Brando Giovannoni Gianmarco Pollacchi
Conclusione
Contrariamente a quello che si potrebbe evincere da questo articolo, i miei surfisti preferiti sono quelli che praticano un surf più potente e dove l’air è solo una piccola parte del repertorio. Per citarne alcuni: Andy Irons, Dane Reynolds, Jordy Smith, Taj Burrow, Mikey February. Sono favorevole alle manovre aeree purché siano effettuate con logica e con utilità. Sì agli air per concludere bene un’onda, per sfruttare al meglio le condizioni di mare piccolo e superare le sezione alternandolo ad un floater o a una corsa contro la schiuma. No agli air fini a sé stessi, fatti lanciando la tavola per aria o su sezioni dell’onda non critiche e piatte.