Dream Machine Surfboards è il più grande produttore di tavole da surf delle Isole Canarie. La piccola impresa è stata fondata 3 anni e mezzo fa da Leonardo Leiria, ex professionista brasiliano d’origine ma italiano d’adozione: “Ho vissuto 9 anni a Roma, più precisamente a Focene. I miei sponsor del tempo mi mandarono in Italia per fare un po’ di promozione e qualche gara. Alla fine ho trovato la mia compagna (hanno avuto da poco un figlio, ndr) e un lavoro da Andrea D’Angelo di X Surfboards”. La storia di Leo Leiria si intreccia di nuovo con usi e costumi degli italiani perché di tutte le Isole delle Canarie, sceglie proprio Fuerteventura come base per la sua vita personale e professionale. All’inizio, racconta nel podcast, non sapeva che avrebbe aperto Dream Machine, ma è fuggito dall’Italia per necessità impellenti: “L’Italia è fantastica ma io senza oceano non posso stare. Poi tu mi dici che adesso fa freddo…so com’è lì: io sono cresciuto a Florianopolis, soffro tantissimo il freddo”. Insisto su Fuerteventura perché negli ultimi due anni di pandemia ho osservato distante e soprattutto distaccato l’ascesa di quella che Leo Leiria chiama “la spiaggia delle Canarie”.
C’è stata un escalation di arrivi e presenze a Fuerte, qualcosa di inimmaginabile dopo la crisi di metà degli anni ’10. La prima volta che ho messo piede a Fuerteventura era il 2009, fino al 2013 o 2014 andavo con continuità: da solo in inverno per stare con Alessandro Servadei oppure a passare agosto lì con la famiglia. Avrei un po’ paura a tornare in quella che è diventata l’isola dei nomadi digitali, dei surfisti dell’ultima ora, di travel / outdoor / sporty / healthy / skate / vanlife influencer. Ne ho parlato anche con Leo Leiria durante il podcast, che oltre a confermare i miei timori mi ha detto che “almeno si vende di più, le persone con la pandemia si stanno abituando a comprare dagli shaper locali”. Vantaggi e svantaggi.
Se va veloce è performance
Arti & Misteri è la rubrica in cui approfondiamo la scienza inesatta delle tavole da surf. Dream Machine punta tutto sulla performance ma come si colloca rispetto al ritorno di fiamma delle tavole alternative e retro? “Se puoi generare tanta velocità, allora è performance” – esordisce Leo Leiria per spiegare la sua interpretazione del genere. Poi pinne, ancora pinne: qual è il primo consiglio che dai sulla scelta delle pinne ai tuoi clienti? “Ragionate per taglie e peso, è il parametro più importante: tipologia di onda, tavola, stile di surfata vengono dopo”. Altro discorso da esplorare con un ospite shaper e surfista di livello riguarda il rapporto con gli atleti, considerando anche che Dream Machine costruisce tavole per un discreto numero di atleti al top del circuito canario. Leo Leiria risponde così, senza troppi giri: “Un grande shaper per me è sempre anche un ottimo surfista”. Nel podcast le motivazioni di un’affermazione così forte.
La vera storia del surf brasiliano: testimonianze dirette
Ultimo segmento di trasmissione inevitabilmente destinato al surf brasiliano. Di recente Tommaso ha scritto della Brazilian Storm, ma con il boss di Dream Machine sono venute fuori testimonianze di prima mano veramente interessanti. Leo Leiria è nato a Porto Alegre ma cresciuto a Florianopolis, il fulcro della surfing industry verdeoro. Suo fratello l’ha avviato al surf, poi allo shaping perché aveva un suo piccolo laboratorio. Florianopolis è la città dei Dora e dei Padaratz, famiglie che hanno scritto la storia del surf in Brasile. Due microanticipazioni per farvi venire voglia di arrivare in fondo alla mezz’ora di puntata: “Negli anni ’90 i brasiliani dormivano sotto il palco giuria perché non avevano soldi per pagarsi un albergo” e “non sono un grande fan di Italo…lo vedo molto elettrico, mi sembra che stia perdendo la testa”.