È il 1930. Tom Blake, che tra le tante cose è proprio colui che decise di mettere una pinna sotto ad una tavola da surf per farla andare meglio, sente l’impellenza di iniziare a documentare ciò che il suo occhio da surfista vedeva mentre risaliva la line-up. Spinto forse dalla voglia di condividere col resto del mondo, inventò per soddisfare questa impellenza il primo “watercase”, ovvero quello strano aggeggio che tutti ammirate a bocca aperta quando ci vedete scattare tra le onde. E’ così che nacque la fotografia di surf.
Grazie a questa invenzione, le prime immagini di surf vengono pubblicate su riviste e giornali che il surf nemmeno avevano idea di cosa fosse.
Il National Geographic pubblicò la prima foto di surf nel 1935, una foto proprio di Blake. Fu un’altra pubblicazione però, quella del 1931 sul Los Angeles Times e sempre di Blake, ad ispirare un altro grande fotografo che farà conoscere al mondo intero le onde e le tavole da surf. John Heat ‘Doc’ Ball.
John racconterà ogni momento di quegli anni attraverso il suo obiettivo, dai party folli alle mareggiate giganti, dai longboarder acrobatici al lifestyle che diede vita alla surfculture. Nel 1937 John si costruisce un watercase di legno, il surf cresce, ma nel 1940 arriva la seconda guerra mondiale e tutto si spegne sotto il fuoco delle bombe e degli aerei giapponesi che si schiantano su Pearl Harbour. Fotografia e surf finiscono in standby.
Ci vorranno quasi 20 anni perché il surf torni a conquistare le pagine delle riviste. Nel 1960, “Surfer” fa il suo debutto. La prima rivista di surf della storia.
È il boom della surf-mania: dalla fotografia che finora era stato l’unico strumento per raccontare il surf, si arriva al cinema e alla musica.
Tra alti e bassi e crisi economiche, le riviste di surf e le foto restano per almeno altri 50 anni il principale mezzo di conoscenza e condivisione della cultura del surf. Con l’avvento dei social e della tecnologia, l’attesa e la curiosità di vedere quello scatto si trasformano in euforia e voglia di emergere, di mettersi in mostra. Con Instagram tutto diventa più istantaneo.
Siamo arrivati ai giorni nostri, dai rullini al digitale super tecnologico dove basta avere un account social, una macchina fotografica e una foto ad un surfista che a malapena taglia l’onda per definirsi “surf photographer.”
Vedo sempre un sacco di macchine fotografiche sulla riva ma poche foto decenti. Fatemelo dire, siamo indietro anni luce.
Vi consiglio una serie di fotografi Italiani che rispetto e stimo molto:
Fabio Palmerini, il primo vero fotografo di surf in Italia.
Filippo Maffei, Cresciuto a pellicola, per me il più forte in Italia.
Adelmo Massola, Waterman di Levanto, uno dei pochi che vedi in acqua con le condizioni più dure.
Federico Vanno, di lui basterebbe dire che ha scattato dall’acqua Pipeline, vive e lavora in Indonesia, grandi onde e qualità.
Tommaso Geraci, filmer di Leonardo Fioravanti e Waterman, rappresenta la nuova generazione. Anche lui è uno dei pochi che con il mare grosso si diverte.
Stefano Atzeni, anima sarda, non si tira mai indietro. Nikon ambassador non a caso.
Gianluca Prosperi, Specializzato nel Bodyboard, polivalente waterman, bravo sia nelle foto che nei video, entra sempre in condizioni solide e in spot difficili.