Chiamare le gare di surf in Italia è sempre una grana: chi si prende la responsabilità di farlo deve scendere a compromessi con la percentuale di rischio insita nella natura delle mareggiate mediterranee. Il surfista italiano esperto lo sa, la previsione perfetta non esiste. Solo che nel chiamare una gara chiedi a 25, 30, 50 o 100 persone abituate a guardare le previsioni di salire su un aereo, in nave o in macchina per rispondere alla tua chiamata. Ecco perché ha senso, come mi spiegava un dirigente, chiamare le gare col mare attivo in Italia: “Intanto sei sicuro che le onde ci saranno, poi hai modo durante la prima giornata di valutare se svolgere le finali la mattina dopo, col mare liscio di scaduta”.
È andata così anche per il Campionato Italiano Assoluto del 2024, che si è tenuto a La Marinedda, nel nord della Sardegna. Primo giorno di mare attivo e cattivo, maestralone in faccia dall’alba al tramonto, set di due metroni solidi e sezioni spacca-caviglie. La Marinedda è un beach-break anomalo che regge anche con mareggiate importanti, come quest’ultima del 4 Ottobre. Non è un’onda semplice, affatto: va veloce, si riforma e rompe tutta insieme nell’inside. Per tornare in lineup tutti hanno dovuto fare il giro da riva, correndo verso la sponda nord della baia per sfruttare la corrente in uscita del canale radente alle rocce.
Lorenzo Cipolloni si è laureato a sorpresa Campione Italiano Open, mettendosi alle spalle l’atleta della nazionale Matteo Calatri, Federico Melis e Ian Catanzariti. Tra le donne ha vinto Victoria Backhaus, superando la tensione e le ansie di un giorno speso a guardare gli altri dalla spiaggia, che ha avuto la meglio sulle Under 16 Chiara Cuppone e Diana Giorgi. Appena fuori dal podio Marta Begalli. Queste le notizie. Adesso però, il racconto di chi c’era.
Finalmente una gara di surf in Italia con onde pesanti e selettive. Peccato per gli assenti.
Sono già usciti articoli di giornale con tanto di interviste e cronache, ma Tuttologic Surf non esiste (solo) per questo. Eravamo lì, a morire di freddo, con la sabbia ovunque e gli occhi iniettati di sangue ma felici. Felici di assistere ad una gara di surf italiano con onde consistenti e surfisti forti, con un livello in crescita ma che avrebbe potuto persino essere più alto. Purtroppo sono mancati all’appello alcuni top del nostro movimento: Edoardo Papa, infortunato, e tanti giovani che quest’estate si sono battuti rappresentando l’Italia nei QS in giro per l’Europa. C’è dispiaciuto non vederli in Sardegna perché come forse molti di voi, we have a dream: una gara di surf italiano con i migliori 32 surfisti italiani esistenti sulla faccia della terra. Magari un giorno.
Raggiungere la Sardegna con 48 ore di preavviso non è mai semplice, il prezzo da pagare per avere qualche chance in più di trovare onde epiche è logisticamente alto. Io e Tommaso tornavamo da Monaco di Baviera, dove siamo stati a provare la nuova wave pool. Una missione organizzata settimane fa sperando che non ci sarebbero state concomitanze scomode, e invece…quando potrebbe (e non dovrebbe) succedere, succede sempre. Prendiamo un volo da Bologna giovedì all’ora di pranzo, a fronte delle 7 ore di macchina per rientrare dalla Germania il giorno prima. La perturbazione ha stretto l’Italia nella sua morsa: piove senza soluzione di continuità, il vento già soffia forte. Turbolenze lungo la via, sempre graditissime, e poi saliamo in macchina a Olbia per raggiungere Isola Rossa (SS). Una serie di scorci incredibili nell’entroterra sardo ci rimettono in pace col mondo, ricordandoci che quest’isola è un’opera d’arte.
La fotta del giorno prima: “Entro giusto per bagnare la muta”.
Speravamo di scucire un piccolo surf già giovedì sera, le previsioni sembravano permissive. La Marinedda è ancora piatta, a Badesi dicono si faccia surf. Vento on-shore e mare in ingresso, che sarà mai? Proviamo e troviamo la forza di entrare in condizioni indecenti con Ian Catanzariti, Matteo Calatri e Filippo Marullo. Dani Mereu e il papà Fabio tengono saggiamente la muta asciutta, anche Nik Bresciani si prende gioco di noi mentre ci cambiamo fomentati dopo aver visto un set di 50 cm storti che frangono sotto riva. Il bagno si rivela utile solo per scoprire che l’acqua è ancora calda e che in mutino si sta benissimo, nonostante il vento. La mareggiata è in ritardo ma domani sarà grosso, nessuno dubita. Col calar del sole inizia a soffiare forte il vento, raffiche oltre i 20 nodi. Per tutta la notte, il maestrale si insinua negli spifferi delle finestre. Ci vediamo domani, alle prime luci saremo in spiaggia.
La Marinedda attiva e cattiva e la scelta della tavola: round o squash tail?
E così sia: mare incazzato ma La Marinedda tiene botta. Mi cambio con Matteo e Pippo per entrare a caccia di sinistre, sperando di riuscire a trovare quella giusta. Ian nicchia: “No regà, c’è troppo da remare, mi tengo fresco per dopo”. Provo a convincerlo che sarebbe bene provare il campo gara e la tavola, ma preferisce rimanere in macchina al riparo dal vento. I Mereu stavolta sono della partita: “Ci facciamo una session tra gentiluomini”, proclama Guve. Il mare è ignorante, fa principalmente la sinistra. Piano piano iniziano ad affacciarsi altri concorrenti, alcuni gasati e altri meno a proprio agio. Noto che la maggior parte dei surfisti in acqua non hanno tavole adatte alle condizioni, quindi inizio a fare domande. Ottengo conferme: “Eh bro, sono un po’ corto, ho massimo una 5.8”, mi risponde un ragazzo che arriverà in semifinale. Vedo tanti squash tail, troppo epoxy per una condizione del genere. Manca l’abitudine a surfare in situazioni più oceaniche.
A proposito di tail, ho un altro confronto con Ian riguardo la scelta della tavola. Non è uscito con noi ma la gara sta per iniziare, è in prima heat. Ha una heat super abbordabile ma vuole iniziare col piede giusto: Nik Bresciani gli consiglia di andare con la tavola che ha surfato di più di recente, una Rusty 5.11 tipo everyday shortboard, io invece provo ad indirizzarlo verso il 6.1 round tail. Alla fine per fortuna segue il consiglio di Nik e sulle prime 4, 5 onde che prende riesce quasi sempre ad essere incisivo e puntuale all’appuntamento col lip, per andarsi a prendere lo score sulla sezione in chiusura. Il primo round vola via così: 8 heat rese interessanti dalle teste di serie che senza troppe pressioni, cominciano a settare il ritmo per le sfide successive. Passano tutti i favoriti. L’unico a rischiare per ironia della sorte è proprio Lorenzo Cipolloni, che si piazza secondo dietro Funari. A causa di questo risultato Cipolloni finisce in un quarto di finale complicatissimo: Benedetti, Munzone, Cipolloni e Catanzariti. Coach Bresciani sentenzia: “Meglio così Lollo…almeno o ti svegli o vai a casa”. Poco dopo, allontanatosi Lorenzo, Nik mi rivela che il diciannovenne romano dà il meglio sotto pressione e non performa invece quando si sente troppo sicuro.
La profezia di Nik Bresciani su Cipolloni: “Sotto pressione rende meglio”.
A causa dei molti assenti e dei tanti volti nuovi, il tabellone prende una strana piega e diventa da subito abbastanza squilibrato. Da una parte, come detto, un quarto di finale con due ex campioni italiani juniores e un validissimo surfista italo-australiano (Benedetti), dall’altra heat più abbordabili e possibili outsiders. A suon di re-entry e off-the-lip in chiusura si fanno strada in semifinale Cipolloni, Calatri, Melis, Catanzariti, Funari e Pacitto, a cui si aggiungono le sorprese Giuseppe Romano (padrone di casa, presidente del club ospitante) e Fabrizio Cimini, local di Banzai. Filippo Marullo, genio e sregolatezza, opta per la seconda e si perde in un quarto di finale in cui non azzecca una scelta. Nelle semifinali si alza decisamente il livello medio, così in entrambi le batterie assistiamo ad una lotta a tre: da una parte Cipolloni, Melis e Funari e dall’altra Catanzariti, Calatri e Pacitto. Fuori i gemelli del gol del litorale laziale, Funari e Pacitto, che si sono presentati in Sardegna con entusiasmo e forti di evidenti miglioramenti. Sono loro l’anima di una cricca romana caciarona e divertente, che rende onore allo spirito del surf old school.
In finale quindi si va con due atleti sardi, Calatri e Melis, e due surfisti romani, Catanzariti e Cipolloni. Nonostante siano accomunati dalle origini e abbiano fatto tutti più o meno lo stesso percorso surfistico, questi ragazzi si approcciano alla possibilità di vincere il titolo di campione italiano con delle motivazioni molto differenti. Matteo Calatri, sulla carta il favorito, vuole tornare campione italiano open per legittimare la sua posizione come terzo violino del surf tricolore dietro a Leonardo Fioravanti e Edoardo Papa. Ian Catanzariti è fuori dal giro della nazionale da qualche anno ma rappresenta per molti che di surf ne hanno visto e fatto uno dei talenti più puri della sua generazione. Lui surfa col fuoco dentro e lo fa in cerca di rivalsa. Federico Melis scende in acqua anche per Gigi, l’inseparabile papà, che lo supporta in tutto e per tutto. Se c’è Fede in acqua sai che da qualche parte troverai Gigi appostato con la sua camera, che ci siano 0 o 40 gradi. I Melis sono costantemente al lavoro per realizzare un sogno. E Lorenzo? Lorenzo forse è il più chillato tra i quattro in finale, è lì con merito nonostante qualche brivido e se la gioca. È al suo primo anno da Open, al momento della finale non ha sponsor né troppi grilli per la testa. Sa surfare sui rail, legge bene le situazioni, è un abile stratega.
Catanzariti fa e disfa, Calatri stenta. Lollo Cipo ne approfitta: è Campione d’Italia.
Lollo Cipo è sereno e alla fine vince, guadagnandosi il 3.50 che gli serviva sull’ultima onda della heat. Un finale da film, di cui a farne le spese è Matteo Calatri, che chiude con uno score complessivo di 9.90. Troppo poco per un surfista del suo livello. Federico all’atto decisivo non riesce a trovare il colpo ad effetto come era capitato in precedenza e si posiziona terzo. E Ian? Ian Catanzariti ultimo no. Eh no infatti, il goofy footer di Ostia chiude fuori dal podio per un’interferenza. Ma anche perché la sfortuna decide di abbattersi su di lui proprio nel momento clou. Ian parte fortissimo con un 6.83, un off-the-lip mezzo floaterato con atterraggio nel flat. È sulla Rusty 5.11 che Nik gli aveva consigliato di utilizzare, una tavola di cui a Banzai durante le mareggiate epiche di Settembre mi aveva detto: “Va da paura, mi piace tantissimo, era da tempo che non avevo una tavola così”. Alla terza onda della finale la spezza. Marullo corre a portargli la tavola di back-up, la Hurricane 6.1 con le fiamme blu. Tra me e me penso, forse lo dico anche: sarà incazzato nero, rischia di andare in botta. Mi metto nei suoi panni e immagino che sarebbe difficile mantenere il controllo.
La tavola spezzata e quell’interferenza che grida vendetta: la finale sfortunata di Ian Catanzariti.
Ian torna in lineup tutto trafelato, ma carico. Prende un’onda e cade provando l’ennesima manovra in chiusura, stavolta arriva tardi. La lineup torna ad affollarsi. Poco dopo parte su una sinistra che arriva a centro baia, senza accorgersi che sull’onda c’era già Federico, in piedi. La giuria chiama un’interferenza netta, perché sul tabellone il colore verde di Melis era davanti al colore nero di Catanzariti. Più tardi in spiaggia Ian dirà di essere sicuro di avere la priority, perché secondo lui i giudici non hanno aggiornato il tabellone. Da ragazzo serio qual è, nel chiedere spiegazioni al capo giudice Yannick Sarran (che viene dalla WSL) ammetterà di aver comunque commesso una leggerezza: se avesse guardato un’ultima volta il tabellone delle priority prima di remare, non avrebbe mai preso quell’onda. Il rammarico è grande perché se non avesse commesso interferenza, che da regolamento obbliga Catanzariti a far affidamento su un solo punteggio, Ian avrebbe vinto.
La sera stessa siamo tutti a cena insieme. La crew di Banzai, Matteo, Ian, Filippo. Festeggiamo Lorenzo che è obbligato ad offrire un giro, shot di tequila compresi, e ci godiamo sul proiettore del ristorante la compilation di onde filmate dal nostro amico Carmine Sciaudone. Parliamo di surf, spariamo minchiate, ci confrontiamo su “dove fare serata” quando è evidente che ciò non accadrà. Perché siamo fuori dal mondo ma allo stesso tempo nel nostro mondo, proprio dove vorremmo essere. E non è finita: la mattina seguente tocca alle ragazze. A dispetto dei bicchieri di vino e del mirto biologico gentilmente offerto dalla casa, punto la sveglia alle 6.30 di Sabato per provare a scucire un’altra session prima dell’inizio della gara.
Il miracolo annunciato dal profeta Giuseppone lancia le ragazze: vince Victoria Backhaus.
Alle 7 sono alla Marinedda e trovo Nik Bresciani con i suoi ragazzi, ma il mare è praticamente piatto. Fa un’ondina moscia che rompe tutta insieme, mezzo metro forse. Insurfabile. Torno a casa e avviso gli altri di dormire sereni, alle 9 andremo di nuovo sul campo gara per capire il da farsi. A sorpresa al nostro ritorno si può surfare. “Ve l’avevo detto io, La Marinedda è come me: non le piace svegliarsi presto la mattina”, commenta compiaciuto il padrone di casa Giuseppone Romano. La gara è on e le ragazze ce la mettono tutta per tirar fuori il sangue dalle rape, esibendosi addirittura in combo da due manovre. Sono veloci, precise e decise. Victoria Backhaus, che nel 2023 era finita seconda alle spalle di Daniela Boldini, trasforma la tensione e la paura di non farcela nemmeno stavolta in energie positive, trionfando sulle avversarie. Chiara Cuppone, per molti la favorita, si ferma al secondo posto. È un Under 16 con enormi margini di miglioramento, il suo momento arriverà. Stesso discorso per Diana Giorgi, che ha iniziato a fare il surf come sport agonistico circa due anni fa, il suo talento non è in discussione. Qualificata in finale come prima della sua heat di semifinale, Marta Begalli chiude quarta con una performance solida.
Ottobre è appena iniziato ma sappiamo già che questo sarà il mese delle competizioni di surf in Italia. Che non sono mai abbastanza, che vorremmo fossero sempre più partecipate, che amiamo seguire e commentare. Per fare meglio però, abbiamo bisogno di un’ulteriore spinta dal basso: dai club che possono chiedere alla Fissw di organizzare una gara in più, dai free surfer che possono mettersi alla prova anziché limitarsi a pubblicare le proprie onde su Instagram, dai media che devono impegnarsi a promuovere iniziative simili organizzate sulle nostre coste.