Inter x Bradley con Leo Fioravanti, ci siamo: è successo e lo spettacolo si è consumato a San Siro, alla scala del calcio, davanti a 70.000 tifosi nerazzurri. È successo l’inevitabile, un gol a porta vuota direi: sarebbe stato folle per il dipartimento marketing di Euroglass (proprietaria di Bradley) non esplorare la possibilità di una collaborazione con la squadra di cui Leo è da sempre tifoso. Dovrebbe stupire eventualmente che l’Inter si sia prestata accettando di fare co-marketing e di avere delle royalties sulle vendite della tavola sviluppata da Christian Bradley secondo i valori di innovazione e performance.
Mi prendo un rischio avventurandomi nella questione per dire la mia, consapevole di essere stavolta portatore sano di un’opinione impopolare. Quando tramite un sondaggio Instagram vi abbiamo chiesto di valutare la collaborazione tra Inter e Leo Fioravanti il 58% di voi (su un campione di oltre 300 persone) ha votato “calcio e surf no grazie”, mentre il 42% ha cliccato l’opzione “ottima idea”. Mi schiero in difesa della minoranza. Credo che messi su una bilancia i benefici di questa trovata di marketing siano maggiori dei costi che l’aver messo insieme calcio e surf potrebbe portare in termini di contaminazioni negative. Dopo aver visto a San Siro un video con Leonardo Fioravanti che surfa con la maglia dell’Inter prima di Inter-Salernitana cosa potrai mai succedere? Ok, capisco che un surfista in maglia da calcio e boardshorts non sia esteticamente appagante (anche se il design delle lycre WSL va da anni in quella direzione…), ma provando a ragionare razionalmente, in che modo questo potrebbero inficiare il nostro modo intimo e personale di vivere il surf? Un boost di popolarità che porta maggiore affollamento? Una violazione di codici e valori del surf?
È tardi. Qualsiasi sia il motivo per cui credete che la collaborazione tra Inter, Leo Fioravanti e Bradley avrà dei risvolti negativi è tardi per fare le barricate e trincerarsi dietro la purezza del surf. Il processo è già in moto da qualche anno e si muove lentamente, sotterraneo, spinto giorno dopo giorno da una varietà incalcolabile di fattori fuori dal nostro controllo. Il surf è in ascesa e diventerà sempre più popolare, non si torna indietro. Ad un certo punto il mercato potrà saturarsi perché in Italia permane il limite naturale derivato dalla scarsezza di onde, ma al momento l’unica cosa che ci rimane da fare per vivere in maniera più serena è educare: indirizzare i neofiti, promuovere la storia e la cultura del surf. Per guidare il progresso e far attecchire le nostre idee dobbiamo prima accettare il fatto che il surf stia cambiando.
Questa riflessione è scaturita da una lunga chiacchierata che ho avuto il piacere di fare con Marco Gregorin, consulente di marketing per Euroglass e persona vicina alla famiglia Fioravanti da oltre dieci anni. Marco e Matteo, il fratello di Leonardo, hanno collaborato spalla a spalla su diversi progetti concorrendo alla crescita di Euroglass, che è oggi una delle aziende di settore più grandi ed in salute d’Europa.
Marco com’è nata la collaborazione tra Inter, Bradley e Leo Fioravanti?
È partita 4 mesi perché il brand manager dell’Inter, Federico Faldella, si è avvicinato a Leo che peraltro già collaborava con il club nerazzurro. Poi sapete tutti che Leonardo anche se è di Roma è super tifoso dell’Inter, una passione che gli ha passato lo zio e che coltiva da quando era bambino. La nostra partnership rientra in un progetto più grande che porta avanti l’Inter con l’obiettivo di catturare l’audience di altri sport. Pensando al surf ovviamente l’associazione con Leo è stata immediata. In più, e questo non era affatto scontato, hanno accettato di fare un prodotto insieme. La tavola Bradley che abbiamo scelto rientra tra i modelli che utilizza Leo, non aveva senso fare un soft top o un mid-lenght. In corso d’opera abbiamo deciso di presentare l’iniziativa con una vera e propria esperienza, e così è nato il corner a San Siro con a seguire la giornata ad Alaia Bay insieme a Javier Zanetti, Fabio Galante ed altre persone dell’Inter.
Qual è la formula: co-marketing puro più royalties sulle tavole?
Sì ed è un vero onore, siamo noi a doverli ringraziare. Considera che lavorando con l’Inter puoi sfruttare una fanbase di 8 milioni su Instagram, che si somma più in generale alla potenza mediatica dell’ecosistema calcio. Chiaramente rischi di andare sul mainstream, questo lo sapevamo. Non ti nascondo però che vedere i led di Bradley a San Siro mi ha fatto venire i brividi. Pensa a Leo…
Avete già venduto qualche tavola Bradley x Inter?
Sì, qualcuna sì.
È un’edizione limitata?
Sì ne produrremo soltanto 20 tavole.
Dal sondaggio che abbiamo effettuato su Instagram è venuto fuori che il 58% è contrario all’associazione surf-calcio, abbiamo una leggera maggioranza. Mi hai detto che sapevate di prendervi un rischio…quali sono state le valutazioni?
Sai che pensavo peggio? Non è così male dai…devo dire che questa cosa mi fa molto piacere, il 42% favorevole mi stupisce. Associare il calcio al surf può creare malcontento: lo sapevamo. In generale comunque penso che tutte le novità nel surf possono creare delle polemiche. Se noi surfisti stiamo sempre tra di noi e non ci valorizziamo come sport all’esterno, le possibilità di crescere si riducono. La collaborazione con l’Inter è stata un’operazione azzeccata, siamo stati i primi a farlo. Secondo l’inviato di Stab che era presente a San Siro qualcuno seguirà le nostre orme, ipotizzava magari una collaborazione tra un surfista americano e qualche squadra di basket, football o baseball. Staremo a vedere.
Può darsi anche se non vedo nessuno con un gancio così forte col calcio come poteva essere Leo Fioravanti per Inter. Che ti metti a fare John John Florence col Manchester United solo perché è il club con più tifosi al mondo? Non ha senso. Al limite si possono mettere insieme un pro australiano e squadra di rugby o di football.
A proposito: sai che io Leo lo conosco da 12 anni ma non sapevo che fosse così fan del calcio? Sa tutte le formazioni dei top club europei, guarda ogni partita. Infatti allo stadio l’altro giorno gli ho detto: Leo ma veramente sei così appassionato?
Ti racconto di questo episodio a Peniche: nei giorni dopo la gara eravamo a cena a mangiare la picanha e Leo aveva l’iPhone davanti a sé appoggiato su un bicchiere con Tottenham – Everton, una roba da super appassionato.
Adesso capisco perché quando giochiamo alla Playstation a Fifa è così arrogante…pensavo fosse solo il suo malsano agonismo, invece è proprio uno che ama e segue il calcio assiduamente.
Marco mi sono accorto che nelle foto di Leo con la maglia dell’Inter manca il logo di Quiksilver sul nose della Bradley nerazzurra: è un caso? C’è un motivo particolare?
Mi fai una domanda scomoda (ride, ndr). Diciamo che siccome l’Inter ha Nike non potevamo tenere Quiksilver, sono due brand che in qualche modo vanno in conflitto. Ovviamente Inter non è associata a nessuno degli sponsor di Leo, ma per Noberasco e Red Bull non c’erano problemi perché loro non hanno partner nelle categorie merceologiche di frutta secca ed energy drink.
Da direttore del marketing di Euroglass hai vissuto anche ad Hossegor: pensi che il surf europeo risentirà della perdita di Quiksilver?
Sicuramente non avere più il Quik Pro France è una bella botta per l’ecosistema delle Landes e per tutta l’industria. Rimane Ericeira, rimane Peniche, ma la storia del surf europeo è nata in Francia. Secondo me comunque Quiksilver tornerà.
E l’Italia? Che ne pensi?
L’Italia ha mercato, questo è certo. Non so quanto sia effettivamente grande perché le statistiche non si riescono a recuperare, non le ha nessuno. Una delle cose plausibili che ho sentito è che Milano sia la seconda città con più surfisti in Italia. A conferma di questo, una sera poco fa sono andato a bere una cosa con degli amici ed abbiamo incontrato 4 persone che avevano provato il surf la scorsa estate. Qualche anno fa mi dicevano: “cos’è il surf?”. Il surf in Italia è esploso ma non so cosa manchi per arrivare a quello che hanno Spagna, Portogallo e Francia.
Secondo me le onde Marco, manca l’Oceano...
Sì è vero, hai ragione. Sul fronte onde speriamo che prima o poi arrivi una wavepool a darci un po’ di sollievo.
Non è un mistero che dietro al progetto più accreditato per la realizzazione di una wavepool in Italia ci sia proprio la famiglia Fioravanti, con Matteo, fratello maggiore di Leo, in cabina di regia. La ricerca di terreni adeguati alla costruzione di una wavepool di tecnologia WaveGarden avanza parallelamente tra Roma e Milano con diversi interlocutori e partner sul territorio.