La bellezza delle onde è molto soggettiva e su questo forse siamo tutti d’accordo. Quante volte, imprigionati a lavoro, avete scandagliato le webcam e le storie di Instagram per smentire il vostro amico perdigiorno che millanta di beccare sempre onde epiche? Le chat di Whatsapp sono infestate di personaggi che amano alterare la realtà, soprattutto quando si parla di onde e quando non c’è nessuno che può controbattere. Forse però il loro concetto di epico è diverso dal vostro e per gli standard a cui sono abituati le condizioni che hanno trovato erano davvero belle. Probabilmente anche il suo livello è diverso dal vostro e quasi sicuramente anche la sua esperienza sulle onde non è la stessa. E poi pensateci bene: davvero tutte le session in cui vi siete divertiti erano caratterizzate da onde epiche? E tutte le volte che il mare era buono, siete sicuri di essere usciti dall’acqua soddisfatti?
Un sacco di domande che ci mettono di fronte ad un concetto insindacabile: la bellezza delle onde dipende da tantissime variabili che si palesano prima, durante e dopo la session. Lo stato emotivo, la prestanza fisica, la frequenza con cui pratichiamo o il luogo dove abitiamo. Chi più ne ha più ne metta. Proviamo a stilare una lista che faccia chiarezza sugli elementi che possono condizionare la nostra visione e che ci aiutino a vivere meglio i momenti in cui gli amici fanno di tutto per farci rosicare. No more FOMO.
Il livello del surfista
Avete mai sentito qualcuno dire che non esistono onde belle o brutte, ma solo surfisti incapaci di sfruttarle? Il concetto è semplice ed essenziale: la bellezza delle onde è strettamente proporzionale al vostro livello di surf. Se siete scarsi probabilmente vi sorprenderete più facilmente o avrete una visione alterata della realtà. Se il vostro interlocutore è una surfista che viaggia poco ed ha visto solo le onde che srotolano davanti casa, forse, è il caso di filtrare quanto sta dicendo.
Il livello comunque è un metro di giudizio incontestabile e dovrebbe essere l’unico criterio di riferimento quando si giudica la bellezza delle onde. Il mare non scherza e non fa sconti: abituati a vedere i video di Instagram dove tutto sembra facile, non sempre le onde perfette sono prive di pericoli, anzi. Prima di buttarsi presi dall’euforia bisogna valutare bene quello che si ha davanti.
Le tipologie di surfista: sommelier, entusiasta, professionista e sfaticato.
Eccoli qua, quelli che per una ragione o l’altra rovinano le vostre giornate di surf o di lavoro.
- Il sommelier (lo ammetto, sono uno di questi) è il viziato per natura. Il soggetto in questione sarà sempre depresso alla visione del mare. Mai soddisfatto, sempre in cerca di qualcosa di meglio ed abilissimo a trovare mille aghi in un pagliaio. A volte però, incredibilmente, entra in condizioni disastrose illuminato da visioni celestiali che solo lui è in grado di scorgere, d’altronde il Tavernello a detta di tutti gli esperti non è un buon vino ma nemmeno il peggiore. Sappiate che quando è buono davvero sparisce e non vi fa sapere nulla.
- Occhio anche all’entusiasta, colui che vede il bello in qualsiasi onda ed al quale è pericolosissimo chiedere informazioni sul mare. Per colpa sua ci siamo fatti ore di macchina per sentirci dire: “Sono appena uscito, prima era meglio”. Solitamente ha l’aspetto del fantoch, tavola e muta all’ultimo grido, un paio di surfcamp alle spalle e decine di foto sul profilo instagram fuori dall’acqua.
- Il professionista invece si diverte sempre. Che sia bello, brutto, gigante, piccolo, ventoso ed incasinato, lui troverà la via giusta per sfruttare al meglio quella condizione. Per certi aspetti è simile al sommelier ma meno filosofico e più concreto, si fida solo di quello che vede e comunque vada, entra. Dargli retta può mettervi in pericolo, soprattutto se non avete il suo livello.
- Il pigro invece è il peggiore di tutti. Non va mai a guardare il mare ed aspetta che qualcuno gli dica com’è, quando ci va trova sempre la scusa per non entrare e condiziona a sua volta gli altri membri della compagnia. È un sommelier con l’abilità speciale del depistaggio, le poche volte che surfa la fa pesare a tutti e percula gli altri per essere entrati quando era indecente.
Godere di un home spot con tanta frequenza e tanta qualità
Siamo tornati di recente da un viaggio di due settimane in California ed attualmente ci troviamo a Peniche in Portogallo per seguire la tappa del WCT. Due posti culturalmente diversi ma che in comune hanno l’Oceano e la costanza di mareggiate che colpiscono le loro coste. Il Pacifico e l’Atlantico sanno essere entrambi generosi e tempestosi allo stesso tempo, ed i local di California e Portogallo hanno due visioni abbastanza simili di vivere le swell. Avere le onde tutti i giorni a disposizione, con condizioni di qualità abbastanza frequenti, incide pesantemente sull’obiettività di giudicare le onde. Se ti affacci al mare e lo vedi arruffato, se surfi 300 giorni all’anno, non ti poni nemmeno il problema di trovare una soluzione. Semplicemente salti la session. Guardiamo il lato positivo: per noi italici ossessionati dal surf la bellezza delle onde è un problema molto superficiale.
California
In California c’è sempre un buon motivo per entrare in mare, basta che sia liscio, non tiri vento on shore e non abbia piovuto di recente. Tirate le vostre somme quindi. Viziati? Noi diciamo di sì. Farete difficoltà a crederlo, ma dopo una tempesta siamo stati a Rincon e con condizioni che sulla carta i local consideravano indecenti e che in Italia sarebbero state epiche, abbiamo trovato lo spot deserto. Peccato che poi mostrati i video della serie a persone che di session in California ne hanno centinaia alle spalle, anche loro sono stati costretti ad ammettere che era buono ma ovviamente non c’avevano creduto.
Onde buone, lunghe ma un po’ sporcate dal vento, e che sarà mai? Un’altra caratteristica importante è che i californiani odiano la pioggia. Perché? Se avete visto il nostro reel, saprete che l’acqua dei grandi canali di scolo delle città finiscono tutte in mare. Questo, a detta dei locali, inquina incredibilmente l’acqua, talmente tanto da rendere impossibile il surf. Chi surfa regolarmente a Banzai, in Versilia o in Liguria di certo non ha paura delle fogne che scaricano in mare o forse non ci ha mai pensato. Per non parlare di Lillatro, dove c’è un canale che parte direttamente dalla centrale Solvay e sfocia sullo spot.
Portogallo
I portoghesi odiano svegliarsi presto la mattina. Al contrario nostro, che dalle prime ore di luce ci lanciamo alla ricerca dell’onda perfetta sperando di prenderne qualcuna in solitudine, il popolo lusitano è allergico a questa pratica barbarica che ci contraddistingue. Se capitate in questa zona tenete d’occhio anche il tramonto, sembra strano ma gli orari che solitamente sono i migliori e più affascinanti da surfare, qui sono visti quasi come un sacrificio.
Non prendete i professionisti come riferimento ovviamente, il nostro target è il surfista medio portoghese. Esatto, quello incazzoso che vi inveisce contro per qualsiasi cosa, pigro di natura e molto abitudinario e che preferisce fare a botte nell’home spot piuttosto che cercarsi un picco isolato dove godersi il surf in santa pace. Proprio in merito a questa descrizione apriamo un’altra parentesi.
La trasferta
Avete presente quando in Italia c’è una tempesta ed il vostro local spot è impraticabile? La prima cosa che ci viene in mente guardando le previsioni meteo è quello di cercare una soluzione. Ok, in California ed in Portogallo la trasferta sembra non far parte della cultura. Anche con onde abbondantemente surfabili (per noi poveri mediterranei) nelle vicinanze, i locali preferiscono dedicarsi ad altro piuttosto che sconfinare in spot limitrofi. Mi ricordano molto i liguri, fatico a ricordarmi uno di loro in spot lontani da casa mentre toscani e romani sono ovunque. A farmi riflettere sul punto della trasferta è stato Matt Parker, shaper e mente dietro ad Album Surfboards, che durante il podcast che abbiamo registrato ha dichiarato:
Perché dovrei farmi qualche ora di macchina per cercare le onde quando le abbiamo per 360 giorni all’anno davanti casa? Se un giorno il mare è brutto posso fare altro.”
Matt Parker di Album Surfboard
Come biasimarlo? Matt è di San Clemente e con mezz’ora di macchina, se le onde del San Onofre State Park non srotolano, può spingersi fino a Oceanside per bagnare la muta. E della solita idea sono anche gli altri ospiti del Podcast “El Camino del Rey”, Alessio Poli e Stefano Esposito, che durante le giornate grigie amano dedicarsi ad altre attività che scoprirete soltanto ascoltando i nuovi episodi in uscita a breve.
Alla fine è tutta questione di cuore…
Se siete arrivati fino a qui probabilmente vi sarete fatti un’idea. Qualcuno potrà rispecchiarsi nelle nostre teorie ma la realtà è che nel 99% dei casi la bellezza delle onde è determinata da quanto ci siamo divertiti durante la session e da quante ne abbiamo prese. Alla fine noi surfisti mediterranei non possiamoci permetterci il lusso di non entrare, soprattutto quando le onde fanno cagare. La compagnia giusta, la voglia di staccare da tutto e di concedersi un bagno salato fanno la differenza. La bellezza delle onde è soggettiva, così come il nostro stato d’animo. Se quando esci dall’acqua sei rilassato, con il sorriso stampato in faccia, ti sei tolto un peso di dosso e sei contento, vuol dire che le onde che hai trovato erano quelle di cui avevi bisogno.