Un vecchio adagio diceva che se contassero le foto, saremmo tutti professionisti del surf. Risalente ai tempi delle origini di Facebook, questo detto ha preso forza con l’avvento di Instagram, mentre migliaia di surfisti narcisi pubblicavano fieramente foto di surf: da take-off in ritardo (in ritardo rispetto al livello della persona scattata ovviamente) alla sempreverde manovra mai chiusa e tentata soltanto perché c’era chi scattava.
Il surfista è narciso e si piace. Se doveste sentirlo sminuire pubblicamente le sue capacità, il più delle volte lo starà facendo perché è in cerca di complimenti. Il fotografo è una figura fondamentale, entità venerata come una divinità antica, soprattutto qui in Italia. Penso che ci siano ancora troppi pochi fotografi di surf in Italia ad aver intuito le potenzialità di un business ben strutturato, perché se a Banzai venissero con continuità a scattare porterebbero sempre a casa la giornata. E qualcuno negli anni l’ha fatto: ricordo Andrea Damiano recentemente, che venendo da ambienti fotografici più professionali aveva un’esperienza di vendita online comoda e semplice. Anche l’idea di SeeYouSurf è di principio interessante ed intercetta le necessità di cui sto parlando, infatti i ragazzi sono ancora sul pezzo con centinaia di album disponibili in archivio.
Il video sì, la foto no (da leggere sulle note di Clap Your Hands dei Kungs)
Per allenare il surf in maniera efficace e seria bisogna riguardarsi in video. Si fa video analisi, non foto analisi. Il surf è uno sport di sensazioni e reazioni, non è possibile ridurre tutto ad un frame. In un attimo più o meno chiunque può trovarsi nel posto giusto al momento giusto, messo nella posizione corretta.
Ne parlo spesso con Tommaso, che è soprattutto un fotografo. Ha fatto tanta gavetta scattando surfisti di medio livello in Versilia: ragazzi italiani con esperienza e che sanno andare, ma di certo non parliamo di Noa Deane e Dion Agius. Mi ci metto dentro anche io, nonostante Tommy non mi sopporti più. Sto stronzo. Una volta con la foto di un layback al Pontile di Forte dei Marmi – mai chiuso ovviamente – mi ha infilato in un reportage fotografico uscito su The Inertia. Che truffa. Analizziamo questa foto.
Ipotizzando di non sapere chi sia la persona in foto, come sappia surfare e dove stesse surfando in quel momento, come si potrebbe riconoscere la truffa? Basiamoci soltanto su ciò che è visibile in questa immagine. Proviamo:
- L’onda sembra moscia, difficile chiudere un layback su una sezione così piatta.
- Il rail dei talloni non è sufficientemente ingaggiato, difficile recuperare.
- L’impostazione della parte alta del corpo potrebbe anche essere credibile.
Adesso vi faccio vedere il prima e dopo.
Che truffa, eh? Ora lasciate stare che fare un esempio su di me è più semplice, perché condivido un’esperienza sentita e vissuta, senza al contempo screditare nessuno dei tanti amici surfisti che intasano Instagram con scatti truffa. Farlo per gioco, per narcisismo, per piacere, per spirito competitivo, perché ci piace farlo e basta e non bisogna rendere conto a nessuno va benissimo. Dà un po’ di prurito invece vedere che a volte anche dei grandi marchi (soprattutto extra-settore in questo caso) si lasciano abbindolare da immagini truffaldine, finendo per supportare “atleti” che non meriterebbero tutte quelle attenzioni.
Come valutare il livello di un surfista? Solo video
Sapersi vendere è comunque un’arte, una capacità concreta e fondamentale, che apprezzo moltissimo. Ma quando vi diciamo che “qualcuno si è costruito una carriera nel surf con le truffe fotografiche” non stiamo estremizzando il concetto, è realmente così. Buon per lui e per chiunque come me abbia mai provato soddisfazione e gioia nel pubblicare una foto in acqua con la tavola.
Per valutare il livello di surf di una persona bisognerà sempre e solo fare affidamento sull’osservazione dal vivo o sulla visualizzazione di un video con meno tagli possibili. Come risulta evidente dalle prove che allego in fondo, nelle foto di questi backside snap scattati da Tommy ad Hossegor risulto meno goffo che nel video della stessa onda fatto con l’iPhone da Giulia. Dio salvi le foto di surf che ci fanno sembrare più bravi e belli, purché siano tutti consapevoli che il vero livello si può valutare soltanto in video.
Una differenza di resa ancora più grande si può notare nel video di questa sinistrina alla Santocha.
Nonostante siano evidenti diversi errori di posizione, quanto sembrerei più composto, fluido e capace se facessi vedere soltanto il frame qui sotto? Guardarmi surfare disturba l’occhio a maggior ragione perché siamo abituati agli scintillanti reel dei pro surfer che abbondano su Instagram. La verità comunque è inequivocabile: la foto di surf mente, il video no.