Jesús María Guerra Naverán è il co-fondatore di My Surf Coach, un collettivo di surf coach con base in Galizia, Spagna: “Ma non dateci una collocazione, un’innovazione su cui abbiamo puntato molto è il coaching a distanza, per essere sempre vicini ai nostri atleti”. Tra questi, una bella rosa di italiani che avete già conosciuto nelle varie puntate del podcast: Edoardo Papa, Francesco Lazzarini, Matteo Calatri e Giulio Caruso. Mi ha incuriosito trovare tanti dei nostri nel roster di My Surf Coach, so in particolare da Francesco che si trova molto bene a lavorare con Jesús e Diego Martínez, l’altro fondatore. Come allenare il surf e migliorare nell’oscura arte della tavola è un tema di grande interesse, indagato già in passato con due illustri rappresentanti del movimento nazionale: Nicola Bresciani e Lorenzo Castagna. Parlando anche con Jesús, che abbiamo raggiunto via Zoom mentre era ad Anglet per lo European QS (poi cancellato per mancanza di swell), ho avuto ancora la sensazione che il surf coaching stia trovando adesso la sua strada verso la professionalizzazione del mestiere.
Un tratto comune anche ad altre branche del surf business, perché di questo si tratta: ok la filosofia, il metodo e le idee ma poi di fatto fare il surf coach come importare un prodotto tecnico o creare contenuti surf-related deve diventare un lavoro. Almeno così dovrebbe essere. Jesús conferma: “Si può vivere di questo anche se adesso sta diventando più difficile perché le Federazioni assumono i propri coach”. Comunque lavorare con My Surf Coach costa 220€ al mese per un minimo di 6 mesi, che se moltiplichi per i 20/25 atleti nella rosa del coaching team spagnolo ottieni una cifra onesta. Mi piace paragonare il surf allo sci in questo senso e se pensate a quanto possa costare uno Sci Club all’anno, siamo ancora ben lontani. Giusto o sbagliato, fatevi una vostra idea, vi lascio all’intervista integrale.
Cosa distingue My Surf Coach dai suoi competitor? E già che ci siamo, chi sono i vostri competitor?
C’è da dire che nel mondo e ancora più in Europa vedo pochi surf coach, sono molti meno di quanto potremmo credere. Bisogna distinguere scuole di surf / surf camp dal vero surf coaching, che mira al potenziamento di atleti. Facendo questa operazione perdiamo già la maggioranza di quelli che si potrebbero definire competitor. Tornando alla prima domanda, un vantaggio di mysurfcoach è il background accademico che accomuna i nostri coach. Siamo prima di tutto surfisti, certo, e con esperienze rilevanti, ma quando abbiamo pensato di diventare coach ci siamo resi conto che accontentarsi di quello che sapevamo non sarebbe stato abbastanza. Un conto è saper fare, un conto è insegnare. Il risultato è che adesso siamo in grado di capire scientificamente come si costruisce un movimento. Un’altra innovazione su cui abbiamo sempre puntato riguarda il non essere soltanto in un luogo, ma di puntare su un coaching digitale e che non necessiti sempre di un rapporto in presenza. Poi mi piacerebbe parlarti della nostra filosofia rispetto all’equilibrio sport-studio.
Come mettete d’accordo sport e studio?
Spendo tanto tempo con i ragazzi e mi rendo conto di quanto tempo perdano a non fare niente, soprattutto su Instagram. Oggi ad esempio era lay-day. Ci siamo svegliati alle 8, abbiamo fatto attivazione e poi siamo andati in spiaggia. Abbiamo aspettato la call e la gara era off. Dall’una i ragazzi in teoria non avevano impegni. Per me devono leggere, studiare, fare qualcosa di produttivo. Per i nostri ragazzi è normale, così dev’essere. Ci sono giorni in cui surfi 8 o 9 ore, e questo va bene. Ma nei giorni in cui ti alleni solo 1 o 2 ore in palestra, poi cosa fai? L’equilibrio è importante, i ragazzi devono costruirsi un solido piano b. Ci tengo ed ho sempre insistito su questo, è la nostra filosofia. Spesso si parla dei brasiliani come caso a sfavore della mia teoria, e ti dicono: “sai loro non avevano nulla e ce l’hanno fatta”. Io rispondo sì, perfetto, ma vi rendete conto che loro non avevano altre opzioni? E soprattutto non puoi vedere le centinaia di ragazzi del Brasile che non ce la fanno: dove sono adesso? Come vivono? In Europa è diverso, hai sempre un’altra opzione che è appunto studiare e costruirti un futuro. Se puoi lavorare nel surf, come ho fatto io o come stai facendo tu: meglio, fallo.
E soprattutto non puoi vedere le centinaia di ragazzi del Brasile che non ce la fanno: dove sono adesso? Come vivono? In Europa è diverso, hai sempre un’altra opzione che è appunto studiare e costruirti un futuro.
Come ti sei formato per arrivare dove sei oggi?
Surfo da quando avevo 13 anni, ho partecipato a competizioni nazionali ed internazionali. Questo concorre ad essere un buon coach ma non è importante quanto lo studio teorico. Sono stato all’Università alle Canarie, ho una laurea in sport science e physical education. Successivamente ho conseguito 2 master che entravano più nello specifico della performance atletica. Ovviamente sono anche un coach L1 e L2 della Isa ma l’ho fatto perché dovevo. La verità è che i corsi dell’ISA che ci sono in giro durano troppo poco e non ti lasciano molto. Avere un brevetto ISA non ti dà le conoscenze per stare difronte ad un atleta e dargli le giuste risposte.
Parlami del metodo mysurfcoach: come allenate i giovani surfisti?
Ci siamo resi conto di un gap importante, ti spiego: adesso i più giovani atleti di My Surf Coach hanno 13/14 anni, sono da un punto di vista della formazione sportiva già grandi. Mancano nel nostro sistema dei serbatoi di bambini che arrivino a questo sport prima, una sorta di “Cantera” del surf. Le scuole di surf di solito vogliono crescersi i ragazzini in casa ma non sono veramente pronti perché come dicevo prima fanno un lavoro diverso da noi. A 13/14 anni la crescita di un giovane surfista deve passare per gli input di un coach formato a dare le giuste risposte. Per ovviare a questo problema abbiamo aperto la Brava Surf School a La Coruna e stretto un accordo con la Ortegal Surf School, che è sempre in Galizia.
Ho pensato a questa intervista perché lavorate con diversi ragazzi del nostro paese. Sai che qui fanno fatica a trovare le onde ogni giorno, un grande svantaggio rispetto ai coetanei di Portogallo, Spagna e Francia. Hai mai riscontrato delle peculiarità nella mentalità dei giovani surfisti italiani?
La maggior differenza che ho riscontrato riguarda la conoscenza del momento gara, la strategia e gli score, che i ragazzi italiani hanno meno sviluppata rispetto ai pari età di paesi europei con una cultura surfistica più matura. Il 95% del lavoro con loro non è tecnico o tattico ma più tipo: “Hey ragazzi, siete sicuri che in acqua state facendo ciò che i giudici vorrebbero vedervi fare domani? Siete consapevoli dei valori e dei criteri di cui i giudici terranno conto durante la heat?”. Il Portogallo è il paese a cui guardare, sia dal punto di vista del coaching che dal punto di vista della mentalità degli atleti. La Spagna sta migliorando e la Francia storicamente è sempre stata davanti, ma credo che nel futuro il Portogallo farà molto meglio della Francia.
Chi pensi che sarà il prossimo surfista spagnolo sul Championship Tour?
Difficile risponderti perché molti dei ragazzi più promettenti mi conoscono, non voglio mettergli pressione. Ti dirò quindi dei nomi di giovani che hanno già fatto bene, i risultati parlano per loro quindi non sarò io a mettergli pressione. Adur Amatriain al momento sta facendo la differenza: mi ricorda Ethan Ewing. I fratelli Odriozola stanno spingendo molto, sicuramente. E vorrei dirti anche qualche ragazzo canario perché le Canarie hanno la maggior quantità di talento di tutta Europa. A 8, 9, 12 anni surfano talmente bene che immagineresti di vederli stravincere ogni gara. Ma poi subentra la mentalità da atleta e lì le cose cambiano. Vorrei aprire una scuola My Surf Coach lì per questo, anche se non sarà facile cambiare l’attitudine delle persone di un’isola come Lanzarote. Alle Canarie vivi veramente bene con quasi nulla, perciò quando devi uscire dalla bolla per ottenere qualcosa lottando, non sei pronto.
Talento o mentalità: cos’è più importante?
La mentalità, conta di più. Perché sai cosa? Ho sempre creduto nel talento ma cosa significa talento? Un dono? Non so, guarda i ragazzi canari: per loro non è soltanto un dono piovuto dal cielo. Dipende dalla qualità delle onde, dal tempo, dal livello di surf che vedono in acqua.
Se parliamo dei fratelli Odrizola, che ho menzionato prima, sai che il loro papà ha un Wave Garden? Allora è talento oppure sono le opportunità?
Se parliamo dei fratelli Odriozola, che ho menzionato prima, sai che il loro papà ha un Wave Garden? Allora è talento oppure sono le opportunità? Non sto dicendo che il talento non esista, dico soltanto che a volte chiamiamo talento quello che se vai a ben vedere sono le opportunità di cui hanno beneficiato atleti in età giovanile, che sono stati esposti a situazioni in cui potevano imparare e migliorare.
Una parola per descrivere Edoardo Papa, Matteo Calatri, Giulio Caruso e Francesco Lazzarini.
Edoardo Papa: guerriero. Edoardo è un guerriero.
Matteo Calatri: libero. Dà un grande senso di libertà, di freschezza.
Giulio Caruso: rispettoso. Nonostante la sua età, è saggio e rispettoso.
Francesco Lazzarini: equilibrato. Vorrei che fosse più cattivo in gara, ma essere così equilibrato può aiutarti tanto in uno sport come il surf. Ci mette tanto impegno che magari non vedi, ma ce lo mette te l’assicuro. Di tutti è quello che nell’ultimo anno è migliorato di più e continuerà a farlo nei prossimi anni.
My Surf Coach ha 24 atleti nel pro team, solo una ragazza: Martina Alvarez. Perché è così difficile trovare e crescere delle atlete nel surf?
Sono ad Anglet per il QS, hai visto la disparità di sesso tra gli iscritti? 80% uomini. In mysurfcoach dovremmo fare meglio, è vero, per pareggiare questa proporzione. Perché è così difficile trovarne?
La mia risposta è scientifica: ogni sport è fisiologicamente più o meno adatto alla tipologia di un corpo e secondo alcuni studi, sembra che i ragazzi abbiano più capacità di progredire a parità di tempo.
La mia risposta è scientifica: ogni sport è fisiologicamente più o meno adatto alla tipologia di un corpo e secondo alcuni studi, sembra che i ragazzi abbiano più capacità di progredire a parità di tempo. So che dirò una cosa impopolare, soprattutto nell’era del politicamente corretto. Un discorso che comunque va a farsi benedire nel momento in cui vedi surfare Sierra Kerr, Erin Brooks o Sky Brown: in 5 anni cambieranno la storia, lo stanno già facendo.
Ultima domanda: quanto spesso vi capita di “rubare” ad altri sport? Potresti farmi qualche esempio?
Lo facciamo continuamente ma per portarti un esempio ti dico: tennis e golf. Ho preso molto della tecnica di compressione ed estensione della parte alta del corpo tipica di tennis e golf. Anche la posizione della testa e delle spalle, ci sono forte connessioni con un rovescio del tennis o con lo swing del golf. Il frontswing del golf può aiutare a fare un frontside cutback se sei regular. Alcuni aspetti biomeccanici ed angoli dei movimenti coincidono.