Sottostare a delle regole non è mai stato semplice, fin dall’età della pietra. Mal sopportiamo il pensiero di dover rispettare qualcosa o qualcuno: non c’è cosa più alienante per il nostro cervello, egoista per natura. L’istinto di sopravvivenza regna sopra ogni cosa, e lo si vede nelle situazioni più tragiche e pericolose. Tuttavia in qualche modo siamo costretti a sottostare a certe regole, altrimenti governerebbe il caos incontrastato.
A questo proposito, la scorsa settimana il surf italiano si è trovato diviso in due fazioni. Dopo che Roby D’Amico ha condiviso un post rivolto a tutti coloro che in mare ostacolano la sicurezza di chi surfa, un’ondata di critiche e controcritiche si è abbattuta sul suo profilo Instagram, scatenando un dibattito che ha riacceso la nostalgia di quelle persone che “facevano surf prima che diventasse moda”. Si è parlato di localismo, di regole del surf e di livello: ma siamo sicuri che siano realmente questi i punti da mettere a fuoco?
Non è solo questione di livello
Al giorno d’oggi, con le poche mareggiate che colpiscono le nostre coste e il numero sempre più grande di praticanti in Italia, è inevitabile trovarsi in lineup affollate. Spesso purtroppo ci troviamo difronte persone che non conoscono le regole del surf ma ormai così tanti sono innamorati di questa disciplina che viene difficile negare l’accesso agli spot alla masse che non vengono considerate “idonee”. Nonostante ciò vi pongo una domanda: nello specifico, che cosa definisce se una persona è all’altezza di stare in uno spot o meno? Io non parlerei necessariamente di livello. Domanda retorica: quanti surfisti in Italia si buttano a caccia di bombe pur non sapendo impostare mezza curva fatta bene su un metro d’onda? Conoscete la risposta. Di conseguenza, sposterei l’attenzione su altri due fattori: la confidenza con il mare e la consapevolezza delle proprie condizioni fisiche.
Partiamo dalla seconda. Il surf non è una passeggiata sull’acqua come sembra: lo confermano i dolori alla schiena, alle spalle, alle braccia. Di certo, se fatico a risalire sul picco con mezzo metro vorrà dire che non sarò pronto ad affrontarne due. Bisogna quindi essere sinceri con sé stessi: non basta la palestra ai fini della prova costume per essere performanti in acqua, serve molto di più. Il surf è cardio, potenza, coordinazione e tanto altro ancora. Ovviamente la forma fisica passa in secondo piano quando l’esperienza ci consente di minimizzare lo spreco di energie, ma non è qualcosa di immediato.
Si apre tutt’altro capitolo quando parliamo della confidenza con il mare. Addirittura, più che di confidenza, parlerei di comprensione. C’è chi dopo due giornate di surf si trova a proprio agio nello spot: ne capisce le correnti, i canali di uscita, le tempistiche delle onde. Di contro c’è chi ancora dopo anni di surf è disorientato in mare e non sa bene come posizionarsi, quali onde selezionare, come risalire. Riuscire a leggere uno spot, e comprenderne le dinamiche, può essere questione di pochi minuti come di mesi: sta tutto nella confidenza con il mare che una persona ha, che è indipendente dal livello.
Bisogna trasmettere
Per concludere, sono convinto che sì, sicuramente se gli spot fossero divisi per livello sarebbe meglio per tutti, ma quante facciate e figure di m***a abbiamo fatto prima di capirci qualcosa (sempre che l’abbiamo capito) delle regole del surf e di come si sta in mare? Per alcuni è qualcosa di innato, anche se dubito che in molti siano “nati imparati”. Per la maggior parte invece ci vuole tempo. E come le occasioni per migliorare le abbiamo avute noi, è giusto che le abbiano anche i neofiti del 2022. Io sono per dare delle opportunità alle persone, per concedergli di imparare dai propri sbagli per arrivare un giorno ad unirsi alla cerchia di coloro che il surf lo vivono da anni. Ovviamente questo percorso non può prescindere da due requisiti fondamentali: le regole e il buon senso.
A questo punto mi viene da pensare che forse l’epidemia di egocentrismo provocata da Instagram non sta portando a buoni risultati. Spero che ci potrà essere occasione di invertire la rotta al più presto possibile, in modo da poter tornare a quell’epoca in cui chi ne sapeva di più si sentiva quasi obbligato a trasmettere nozioni e regole del surf a chi si mostrava disposto a voler imparare. Il surf è condivisione: bisogna uscire da questa bolla in cui si pretende di avere tutto per noi stessi.
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