Le Olimpiadi del surf non sono ancora terminate ma il meglio (o il peggio) dovrebbe essere alle nostre spalle. Nella serata italiana del 29 luglio le onde erano completamente pumping. Sono fioccati score eccellenti, Gabriel Medina ha sfiorato il primo 10 della storia del surf a cinque cerchi, Joan Duru ha messo insieme una performance da 18.13 di punteggio totale. È stato uno spot magnifico per il surf. Abbiamo assistito ad uno dei momenti più alti della storia del nostro sport, considerando che le immagini di un Teahupo’o epico sono state trasmesse in tutto il mondo. O forse no.
La RAI snobba il surf olimpico, solo Fioravanti in chiaro. Discovery+ unica cara certezza.
In Italia abbiamo avuto seri problemi a seguire le competizioni di surf in televisione. La RAI avrebbe dovuto dare in chiaro quantomeno le heat di Leonardo Fioravanti, così aveva annunciato qualcuno in pompa magna sui social, ma invece su Rai 2 si è preferito trasmettere un’inutile (nell’economia di un appassionato di sport italiano) Francia-Fiji di rugby. Alla fine Rai Sport 2, canale secondario della televisione pubblica, ha passato l’elimination round di Fioravanti. Comunque sempre troppo poco.
Discovery+ ha rappresentato per i surfisti italiani l’unica cara certezza. Cara nel senso di costosa, perché tutti siamo stati obbligati a sottoscrivere l’abbonamento mensile da 7,99€. E tutti bene o male disdiremo finiti i Giochi. Ad onor del vero 7,99€ per vedere e rivedere ogni minuto dell’Olimpiade sono anche una cifra onestissima, ma speravamo (anche questo era stato annunciato sui social) che Eurosport avrebbe trasmesso il surf in chiaro. Molti più utenti infatti hanno accesso ad Eurosport da DAZN, altri invece possono vederlo perché già abbonati a Sky o NOW. Ci saremmo risparmiati l’ennesimo abbonamento. L’enorme confusione sul tema ha portato ad oltre un centinaio di messaggi privati su Instagram di persone che all’ultimo secondo ci chiedevano dove vedere la gara, e molti sono rimasti a dir poco delusi. Peccato per la RAI perché si è persa l’occasione per lanciare un nuovo sport e soprattutto per intercettare l’attenzione di un segmento di pubblico che solitamente snobba la televisione pubblica: gli under 30.
Fate raccontare il surf ai surfisti abituati a farlo.
I giornalisti devono fare i giornalisti, i surfisti devono fare i surfisti. Il telecronista è un altro mestiere ancora. Bisogna essere rispettosi dei ruoli e sperare che ognuno sia chiamato a fare ciò che gli riesce meglio. Prendiamo il caso di un nostro amico, di Tuttologic Surf e del sottoscritto, Filippo Orso. Di Filo mi sento tranquillo di poter parlare proprio perché l’ho sentito e risentito in privato, permettendomi anche di dargli qualche spunto tra mille complimenti. Filippo è un surfista che di lavoro comunica il surf attraverso i suoi social, ogni giorno si sforza di trovare nuovi modi per catturare l’attenzione di appassionati e non. Non è un telecronista, né un giornalista, ma è un divulgatore del surf in Italia. E lo fa da tanti anni. Magari gli mancheranno i ritmi, di certo non è abituato a stare in diretta per 8 ore consecutive (ma d’altronde, chi lo è?), però ad una seconda voce si chiede soprattutto di aggiungere valore alla telecronaca con tecnicismi e aneddoti.
8 ore consecutive di diretta non si augurano a nessuno, il surf competitivo (soprattutto a Teahupo’o) è ripetitivo, i picchi di adrenalina e spettacolo sono rari mentre i momenti morti abbondano. Commentare il surf è difficilissimo, ce l’ha confermato anche Chris Cote, tra i migliori telecronisti di action sports della storia. Forse anche per questo abbiamo sofferto particolarmente la mancanza di voci esperte e di profondi conoscitori della materia. Mi viene in mente Riccardo Baita, ex direttore agonistico della Fissw e speaker radiofonico in una delle sue mille vite precedenti. Col “boss” Baita, detto “Lo Zio”, ho condiviso un’avventura a San Marino RTV e vi assicuro che se gli date il via può parlarvi del surf e di tutto ciò che lo circonda per ore e ore. Ne sa talmente tanto, che a volte non capisci se episodi leggendari e scene da film (spesso ambientate alle Hawaii, dove ha passato tanto tempo) siano realmente accaduti. Ma lui c’era, non sai come né perché, però c’era. Riccardo è una delle poche persone che potrebbe tenere alta l’attenzione durante una lunga diretta televisiva sul surf. Sperate solo di non incontrarlo nel parcheggio di qualche spot mentre vi state cambiando per entrare, altrimenti rischiate di non entrare proprio. Scherzo boss, lo sai che ti vogliamo bene. E viva il söərf!
L’interpretazione della Rule 40: dall’embargo totale al far west, la legge fai-da-te.
La Rule 40 delle Olimpiadi è stata varata per prevenire pratiche di “ambush marketing”, per evitare cioè che aziende o persone non coinvolte (come atleti o come partner commerciali) nelle Olimpiadi possano utilizzare i Giochi per accresce la propria visibilità. Durante il periodo dei Giochi Olimpici i NON sponsor non possono usare nomi, immagini o video delle performances degli atleti che partecipano ai Giochi. La Rule 40 viene applicata anche alla comunicazione legata al marketing degli atleti, allenatori e dirigenti che rappresentano le federazioni partecipanti.
La Rule 40 è applicata in una certa misura anche a testate, media e giornalisti non ufficialmente accreditati e riconosciuti. Per poter liberamente commentare Parigi 2024, avremmo dovuto mandare una richiesta entro dicembre 2022. Sperando di essere approvati peraltro, cosa nient’affatto scontata. In teoria quindi né Tuttologic né altri che in Italia “lavorano” attraverso il surf e ne traggono visibilità, avrebbero potuto commentare l’evento. In realtà ci siamo immediatamente accorti che ognuno ha fatto più o meno come credeva.
Le federazioni internazionali di surf come Francia o Australia, hanno pubblicato continuamente foto e aggiornamenti sui propri atleti. Sappiamo invece che alla Fissw, Federazione Italiana Surfing, Sci Nautico e Wakeboard, il CONI ha imposto modalità ben più restrittive e ligie alla Rule 40. Anche Stab se n’è ampiamente fregato, pubblicando video fatti allo schermo della televisione pochi minuti dopo che il fatto era avvenuto in diretta. Non c’è niente di più illegale, in teoria. Eppure i reel sono ancora lì, con migliaia di views. Un vero caos e poche certezze, ognuno alla fine si è fatto le proprie regole.
Il surf fa like ma non viene preso sul serio.
Tra gli altri incidenti di percorso Leonardo è stato chiamato Lorenzo, mentre negli studi di approfondimento quotidiani si è parlato di surf in maniera sbrigativa e poco competente. In un servizio di Eurosport abbiamo sentito che “i surfisti eseguono tide, aerials e cutbacks”. Tide? Con l’aiuto delle immagini, possiamo immaginare il giornalista volesse dire “tubi”, dato che si vede un tubetto di Tokyo 2020. Ma gli errori da matita blu sono stati commessi perfino dall’organizzazione: guardate questa grafica utilizzata per presentare la gara di Tahiti, cosa vi ricorda? Di certo non Teahupo’o, che innanzitutto non è un’onda destra e nemmeno si surfa coi gun (guardate la tavola con la bandiera francese sul nose). Ma quello è Jaws, forse Mavericks…vero? Avranno preso come reference una foto sbagliata.
La foto giusta invece l’ha scattata Jerome Brouillet per AFP. Lo scatto del tuffo di Gabriel Medina dopo un tubo da 9.90 ha fatto il giro delle pagine più importanti del mondo, da ESPN a La Repubblica. La WSL così come Medina stesso hanno capitalizzato la maxi-visibilità, guadagnando centinaia di migliaia di followers. Così come Jerome, passato da 3.000 a 126.000 followers. Questa immagine del pluri-campione del mondo brasiliano in versione superman è già stata eletta la foto dell’anno, ma come ogni cosa del surf anche questo scatto affascina più per l’estetica che per il gesto tecnico da cui è nata. Non interessa Medina, la sua storia, il tubo mostruoso che stava celebrando. Piace perché è figo, atletico, sicuro di sé e fiero, trasmette carisma. Ha una certa aura, ecco, come va di moda dire adesso.
Non vogliamo fare questa polemica pretendendo che il surf sia il centro del mondo sportivo, perché non potrà mai essere così per una disciplina appena inserita nel programma olimpico, ma chiediamo a nome di migliaia di appassionati un minimo di attenzione in più.
Foto: @isasurfing