Spesso quando pensiamo al surf la nostra mente ci proietta delle immagini. Noi stessi, la lineup, l’orizzonte, l’onda che arriva come se fosse la nonna che ha cucinato il pranzo di Natale, lenta ma portatrice di felicità. La parete, le pinne che solcano la superficie, il feeling sotto ai piedi della tavola che scivola. In quei momenti vediamo proiettato il surf-film della nostra vita perché diciamocelo, siamo egoisti per natura, e lo dimostra il fatto che ogni cosa che ci piace la consumiamo finché non ne abbiamo spolpato persino l’osso. Ed è così con il surf, con l’amore, con le relazioni in generale.
Senza nulla togliere al resto, ma forse, tra le sovracitate, l’unica dimensione in cui può essere più legittimo essere egoisti è proprio quella del surf. Quante volte abbiamo evidenziato l’importanza delle due ore in mare per l’animo? Tantissime. Tuttavia vi stupirò: è dal 16 settembre che non entro in mare perché sto studiando in un altro paese e non desidero altro che un bel tramonto invernale, con i miei amici di sempre, immerso tra le onde e le casette colorate tipiche della Liguria. Perché, per quanto possa desiderare di surfare, senza i fratelli di lineup è come godere a metà. La felicità si realizza nella sua essenza quando è condivisa, non quando la teniamo tutta per noi. E forse è proprio questo che cattura migliaia di beginners l’anno. Il senso di comunità, l’idea di una subculture viva e appassionata: tutti condividono lo stesso obiettivo di rincorrere le onde nel Mediterraneo. E quando non è possibile, ci si vede in qualche piazza a fare gli stilosi sull’asfalto.
Se ci pensate, effettivamente è come se vivessimo un’altra Italia rispetto al restante 98% dei nostri concittadini. Non a caso, ci ritroviamo in paesini sperduti sulle coste di regioni a volte anche fuori dalle rotte turistiche per intercettare la stessa mareggiata. Con molti ci si rivede pure all’estero, tra i beach break francesi e quelli spagnoli, dal Portogallo al Marocco fino a Bali e le Maldive…ovunque. Il detto “il mondo è piccolo” si adatta perfettamente all’ambiente che sto descrivendo, quello del surf.
Vedo che tante piccole comunità locali stanno crescendo, coltivando il movimento nella maniera più pura possibile. Questo grazie anche ai surfshop ovviamente, che sono i centri culturali in cui la maggior parte dei surfisti si ritrovano anche solo per scambiare due chiacchiere. Ricordo che quando ero piccolo passavo i pomeriggi da Blackwave a molestare i ragazzi con domande di ogni tipo. Questa curiosità non manca ora, ma avendo avuto la possibilità di incontrare tante punte di diamante del surf italiano sono riuscito ad alimentare la mia fame di informazioni. In questo senso sono grato al surf per tutte le persone che mi ha fatto conoscere, e spero lo siate anche voi. Vi auguro di trovare amici surfisti da cui poter trarre ispirazione, perché sono stato fortunato e devo ringraziare loro se sto scrivendo su questo magazine.
Mi piacerebbe che il senso di comunità che percepisco io arrivasse a sempre più appassionati come noi, in modo da poter assorbire dagli altri. Anche perché è l’unico modo che abbiamo per tutelarci: un clima amichevole in acqua fa bene ad ogni individuo con la muta. Trovate delle persone con cui condividere la vostra visione del surf e della vita, e tenetevele strette. Sarà pure uno sport individuale, ma è proprio per quello che si deve crescere con gli altri una volta che non sappiamo più come progredire. Vivete la competizione coi compagni di onde, ma non contro di loro, contro voi stessi perché siamo l’unico limite tra la tavola e l’acqua. Mettetevi da parte quando è troppo, fatevi avanti quando potete, lasciate gli spazi a chi come voi si merita di surfare un pochino. Osservate quelli più forti, chiedete consigli quando lo ritenete necessario, aiutate chi è in difficoltà. Provate più tavole possibili, parlate con shaper perché l’artigianato locale è di qualità, e va valorizzato.
Suoneranno come i 10 comandamenti del surf italiano, un po’ mi piace anche vederla da questa prospettiva. Tuttavia, vi assicuro che la maniera più costruttiva di approcciare il surf è farlo attraverso una comunità. Si faccia avanti chi ha trovato una via migliore.