di Luca Filidei
Scrivo questo articolo mentre è in corso il MEO Rip Curl Pro Portugal, stop number 3 del Tour firmato WSL. Stop. Fermi tutti. Già m’immagino che dopo aver letto il titolo là in alto, qualcuno dirà: e allora? Cosa c’entra una gara reale con i videogiochi? Di per sé poco o nulla, avete ragione. Eppure, una piccola connessione possiamo anche trovarla: eh già, la cultura di questo straordinario sport ci viene incontro pure in questo caso. Sì, perché è bellissimo spiegare il surf attraverso il cinema (vero John Milius e Dennis Aarberg?) e poi lo style, le competizioni… ma può esserlo altrettanto utilizzando quelle ricostruzioni virtuali che tanto piacciono a PlayStation, Xbox, Nintendo e chi più ne ha più ne metta. Senza contare quella sottile (ma neanche tanto) connessione di cui vi parlavo prima. In fondo, chi si è ritirato per infortunio poco prima che il contest in Portogallo fosse on? Lo avete capito, ha vinto undici titoli mondiali, viene soprannominato The GOAT ed è cresciuto a Cocoa Beach.
L’ennesimo finito infortunio che “casualmente” esclude Kelly (apparso in formissima a Kirra) da una tappa por toghese contraddistinta da previsioni delle onde mediamente negative, ci porta a fare delle considerazioni su quanto il numero undici sia stato e continui tutt’ora ad essere enormemente importante per il movimento surfistico mondiale. E una delle conferme di quello che scrivo sono proprio i videogiochi, anzi, il videogioco. Esatto, mi riferisco a Kelly Slater’s Pro Surfer, il gioco della PS2 che aveva tutte le intenzioni di sfondare nel mercato virtuale. Inciso prima di continuare: che il gioco ci sia riuscito o meno è un’altra questione, ma soffermiamoci due minuti a fare delle considerazioni sul suo apporto culturale. Che cosa voleva dire per il surf questo salto?
Be’, in linea di massima tanto. Anzi, tantissimo. Innanzitutto, i primi anni 2000 erano un periodo florido. Tra i campioni del mondo c’erano Mark Occhilupo e Sunny Garcia, senza contare la presenza dell’accesa rivalità tra Andy Irons e lo stesso Kelly. E poi, dulcis in fundo, non dimentichiamoci neanche il nuovo corso del surf femminile esploso negli anni 90 grazie a Lisa Andersen e il suo “Surfs Better Than You”. Il Tour bussava alla porta dei “grandi”, ricalcando il percorso già fatto da altri sport. Dopotutto per essere importante non potevi esimerti dall’avere un videogioco all’altezza. Sei la NBA? Commercializziamo la serie di EA Sports NBA Live. Sei la Premier League? Per te c’è l’iconico FIFA. E poi? Per gli altri sport la questione cambiava. Non essendoci una lega così mainstream si doveva pensare a qualcos’altro, ideare una strategia alternativa che però, mettendosi di impegno, poteva portare allo stesso risultato.
Caso vuole che, proprio negli anni 2000, in piena era media (o pop, chiamatela come volete), diversi sport ebbero la fortuna di avere nel proprio roster dei campioni generazionali, personaggi talmente famosi per le loro imprese da assumere un’iconicità mediatica fuori dal comune. Secondo piccolo inciso: era già successo nel 1992 con Andre Agassi Tennis, il videogioco dedicato alla stella del tennis, ma dieci anni dopo tutto era più grande, più colorato, più tutto. Mi riferisco a Tiger Woods per il golf (Tiger Woods 99 PGA Tour Golf viene lanciato nel 1998), a Tony Hawk per lo skate (nel 1999 viene messo in commercio Tony Hawk Pro Skater) e al nostro Kelly Slater, reso ancora più celebre dal già citato videogioco pubblicato nel 2002.
Si trattava del primo simulatore di surf? Certo che no, anche se poi le sue caratteristiche erano più da “arcade”. Scrivo questo perché all’epoca il concetto di realismo non era fondamentale come oggi. Spesso si giocava per divertirsi, punto e basta. Non si guardavano ancora finezze come una grafica talmente accurata da riprodurre fedelmente i movimenti di un singolo atleta. Pensate che si creavano anche curiosi mix. Volete un esempio? In Kelly Slater’s Pro Surfer si poteva sbloccare proprio Tony Hawk, e lo stesso valeva per Tony Hawk’s Pro Skater 3 dove faceva la sua incredibile comparsa The GOAT con tanto di tavola da surf. D’altro canto, gli spot del gioco di Kelly erano davvero reali (i nomi intendo) e poi si potevano compiere acrobazie pazzesche utilizzando, oltre ovviamente a lui, Tom Carroll, Rob Machado e persino Lisa Andersen, a conferma della presenza di una super icona del surf femminile.
Prima scrivevo che i primi anni 2000 era un più di tutto. Certo, i videogiochi avevano compiuto un passo in avanti, questo è innegabile, eppure il sistema forse non era ancora del tutto pronto. Un pizzico di confusione c’era. Si emulavano altri prodotti ottenendo anche delle buone recensioni, ma poi si faticava a proseguire lungo la strada, a sviluppare il progetto. In fondo non si è mai parlato di un Kelly Slater’s Pro Surfer 2, lasciando invece lo spazio a un videogioco di grande successo ma completamente off dal mondo del surf professionistico come Surf’s Up del 2007. In quel caso, come confermato dalla presenza di Slater e Machado nell’omonimo film si stava tentando di attirare nuovi (piccoli) fan. Che ci siano riusciti o meno è un altro discorso, però resta il notevole cambio di rotta rispetto al gioco di Kelly e a Sunny Garcia Surfing del 2002. Perché c’era anche quello, avete letto bene. E non è finita qui, visto che si potevano aggiungere anche Surf Riders (1999, con Mr. Pipeline in persona in qualità di promoter), Surfin H3O (2000), Championship Surfer (2000, con Cory Lopez), Transworld Surf (2000, con Andy Irons e Rochelle Ballard, un gioco progettato anche dal noto telecronista Chris Cote, recentemente ospite al podcast) e last but not least l’apprezzato Soul Surfer (2002) che era un simulatore da sala giochi. La concorrenza interna insomma non mancava, così come l’esperienza fornita da alcuni videogiochi che risalgono agli anni 80: Surf Champ (1985) e California Games (1987). Il mercato era florido.
Quindi, perché non si è continuato in questo modo? Le risposte possono essere molteplici, ma se volete una spiegazione il più possibile diretta vi dico che paradossalmente non era ancora il momento ideale. Ora il surf è diventato sicuramente più popolare. Ovvio che si ricordano (giustamente) quei tempi con grande nostalgia – quante volte sentiamo parlare di Dream Tour? – eppure bisogna anche dire che riprodurre spot e manovre non era per niente facile. Inoltre, leggendo la lista sopra, avrete anche notato un grande, grandissimo problema: non era prevista una licenza completa. Ciò vuol dire che Kelly Slater lo potevi utilizzare solo nel suo videogioco, ma se volevi surfare come Andy Irons dovevi per forza comprare una copia di Transworld Surf. Non esisteva il concetto di NBA Live. Qui era tutto diverso. Ciò non faceva altro che disperdere le forze di un movimento che, al contrario, doveva cavalcare il grande momento che stava vivendo. I personaggi erano icone, ma i giochi continuavano a restare di nicchia.
Una storia destinata a proseguire anche ai giorni nostri con tanti tentativi come Surf World Series (2017) per PS4 e il “griffato” dalla WSL True Surf (2018), che pure ha il pregio di emulare gli spot del Championship Tour. Più recentemente il campione del mondo 1988, Barton Lynch, ha cercato di dare nuova linfa al filone con il suo Barton Lynch Pro Surfer (2022), inserendo surfisti come Yago Dora e Nathan Florence all’interno di una grafica di nuova generazione.
Il risultato è stato abbastanza apprezzato, nonostante l’annoso problema di voler imitare una lega senza averne la licenza. Con atleti sempre più capaci di eseguire manovre da “videogioco” e un Tour che, al di là delle polemiche, sta costantemente cercando di crescere a livello mediatico, la possibilità di realizzare un simulatore ad hoc potrebbe essere più che mai allettante. I tempi sono maturi? Chissà, magari fra qualche tempo parleremo di chi ha già comprato una copia di WSL 2025, magari con una sezione Hall of Fame in cui riportare alla luce i fasti del passato…