di Federico Fornaroli
Quando si parla di c.d. boardsport, la tendenza più comune, ad opera dei non addetti ai lavori, è un po’ quella di assimilare il surf allo snowboard e viceversa, quasi come se la comunanza dello strumento tramite il quale si “fa sport” (se così vogliamo sminuire vere filosofie di vita) possa essere sufficiente.
Tuttavia, cercando di prendere l’argomento più alla larga possibile – soprattutto come approccio preliminare per i meno avvezzi al tema – è bene, anzitutto, segnalare come probabilmente la predetta analogia muova i suoi passi da una sorta di convenzione culturale, da un’equazione “surf : mare d’estate = snowboard : montagna d’inverno”. In realtà non è decisamente così. E non tanto (o soltanto) perché si può sia surfare d’inverno che girare con lo snowboard anche d’estate, bensì poiché i profili culturali e gli stili di chi pratica surf e snowboard sono assolutamente differenti.
In primo luogo – e comunque inevitabilmente bisognerà generalizzare da qui in poi – il surfer più crudo, radicale e ortodosso non si presterà facilmente alle comodità e ai comfort. Anzi, è piuttosto verosimile che cercherà lo stato brado, la dimensione più selvaggia possibile per sperimentare le proprie capacità e sfidare la natura. Culturalmente il surfer ha meno la tendenza alla crew estesa, alla condivisione massiva, specialmente quando si tratta di manifestare al mondo un nuovo spot: il vero surfista potrebbe tacere fino alla morte, portando con sé nella tomba un secret spot.
Lo snowboarder invece non disdegna il gruppone e l’essere chiassoso, soprattutto quando parliamo di freestyle. Il rider infatti predilige il caos e lo shred, ovverosia la distruzione di tutto ciò che incontra sulla sua strada, provando a non rispettare il più possibile le regole e a liberare ogni istinto, tanto in park quanto lungo le piste. Inoltre il rider, anche qualora fosse un freerider (cioè un amante del fuoripista), cercherà di non intraprendere cammini in solitaria, a patto che in questo caso la cerchia di accompagnatori si restringa ad un numero più ristretto e selezionato di prescelti. Chi va con lo snowboard in freeriding cerca maggiormente un’intimità assoluta con la natura e lo spot meno battuto. Nondimeno il rider deve avere con sé un’attrezzatura di tutto rispetto, altamente tecnica – ovviamente, a seconda del caso e dell’attività specifica – e non disdegna di alloggiare in hotel/appartamenti confortevoli.
Il surfer di contro ama più l’avventura, il campeggio è il suo habitat naturale. Non opta per il lusso e il contatto estremo e rude con la natura è ciò che lo spinge a mettersi in viaggio. Anche l’attrezzatura, per quanto tecnica (specialmente in base alla stagione e alla correlata temperatura dell’acqua), non sempre richiede necessariamente che sia al top di gamma da capo a piedi. Molto frequentemente bastano muta, tavola, paraffina e leash: più o meno la metà dell’ingombro sopportato da uno snowboarder.
Tuttavia, culturalmente parlando rimane la convinzione popolare per la quale sia il surfer che lo snowboard siano i rappresentanti della parte alternativa, anticonformista e “teppista”, come se il fatto di utilizzare una tavola “per fare cose” sia l’elemento discriminante per essere giudicati e tacciati come i ribelli di turno, da non imitare e prendere ad esempio. Da questo punto di vista surf e snowboard possono essere assimilati.
Altro punto di contatto tra surf e snowboard in questione è sicuramente la semplicità. Infatti, seppur con le differenti modalità, sia il surfer che lo snowboarder non amano l’eleganza e “lo snobismo” di certi altri mondi più altolocati e vip. Entrambi, in realtà, prediligono contesti goliardici e, a loro modo, alternativi, in cui la socializzazione senza discriminazioni né ceti sociali domina imperante.
Non c’è spazio per l’agonismo più estremo, la rivalità e il senso di sfida, nonché per la competizione più marcata, tipica di altri sport, tendenzialmente più diffusi e ricchi. Probabilmente, quantomeno rispetto all’approccio più filosofico e mentale, surf e snowboard possono ritenersi le due faccia della medesima medaglia. Ma le analogie – fermo restando quanto già anticipato sopra – potrebbero, forse, finire tutte qui.