di Edoardo Cartoni
Qualche giorno fa durante la seconda tappa del Generazioni Tour a Recco ho avuto il piacere (e soprattutto l’onore) di essere intervistato insieme a Stella Lauro e i Fratelli Fracas, due grandi pionieri del surf italiano. Mi ha colpito più di tutto lo spirito romantico con cui Marco e Alberto sanno raccontare le loro avventure di surf, un modo a tal punto coinvolgente da risultare a tratti emozionante. Verso fine chiacchierata, cavalcando l’onda del sentimentalismo, ho deciso di porre una domanda, forse un po’ insolita, ai due fratelli: che cosa vi dà il surf?
Può sembrare una domanda banale, ma quanti di voi se la sono mai posta? In altri termini, per comprenderla meglio, la questione può essere riformulata nel seguente modo: perché fate surf? Forse non ci avrete mai pensato, forse date per scontato che una domanda del genere non possa avere alcuna risposta precisa, un po’ come quando qualcuno vi chiede “come stai?” e voi rispondete col classico “bene dai”, che 90 su 100 non corrisponde effettivamente al vostro stato d’animo. Sicuramente nessuno di noi avrà mai voglia di rispondere in maniera approfondita a una banale domanda che ci viene posta 10 volte al giorno, ma se siete surfisti vi invito a chiedervi che cosa effettivamente vi dà il surf e perché lo fate.
Così come i Fratelli Fracas, pure io ho una risposta, ma non starò a dilungarmi troppo su quel che potrei dire di mio a riguardo. Una cosa però è certa: tutte le risposte che ho ricevuto dalle persone a cui l’ho chiesto hanno un filo comune. Per spiegare meglio, però, bisogna fare un salto indietro nel tempo al IV secolo a.C. in Grecia, lontano dagli scenari surfistici a cui siamo abituati, anni in cui Aristotele introduce nella sua opera “Poetica” un concetto molto oscuro e confuso di cui ancora oggi non si riesce a delineare un significato preciso: la catarsi. Per convenzione, con “catartico” si definisce qualcosa che ci purifica interiormente, liberandoci da tutti i vizi e mali interiori che giorno dopo giorno ci trasciniamo dietro come zavorre. Sarà il mio romanticismo sfrenato, ma surfare va al di là della semplice performance in acqua: scivolare sulle onde è catarsi pura, dimenticare tutti i problemi ed estraniarsi dalla frenesia del mondo che ci circonda per immergerci in una dimensione nella quale l’unica cosa che conta siamo noi, il mare e lo stare bene divertendosi. E non potrebbe essere altrimenti, sennò un popolo che vive in una terra con poche onde come noi perché mai dovrebbe appassionarsi a qualcosa di così sporadico?
Sono conscio del fatto che certe affermazioni possano risultare fin troppo forti, ma ho semplicemente portato alla luce quel che tutti gli appassionati di surf sanno nel profondo. Ovviamente generalizzare non è mai corretto, ma stento a credere che tra le motivazioni per cui una persona continua a inseguire il sogno non ci sia l’effetto benevolo del surf. Che il surf lo vediate come catarsi, droga o passatempo poco importa: alla base di queste 3 parole idealmente molto diverse tra loro resta comunque il concetto che scivolare su un’onda ci faccia stare bene.
Concludo facendo un invito a tutti coloro che leggeranno questo articolo: alla fine di una session al tramonto con onde stupende, quando sareste rimasti in acqua per altre due ore, magari dopo una giornata di lavoro o di studio stressante, e percepite una scarica di adrenalina addosso che si trasforma in felicità, chiedetevi perché vi sentite così. Vi assicuro che come troverete la risposta inizierete a vedere il surf con occhi più consapevoli.
Commenti disabilitati.