Questa è la storia di un viaggio di surf in Nuova Zelanda. Un viaggio alla ricerca di onde in una terra selvaggia e solitaria, a poco meno di 20.000 km di distanza dall’Italia. I protagonisti sono Luca, di cui avevo già detto qualcosa qui, e Stefano: i fratelli Conti. Due come noi, come te che stai leggendo, ragazzi che lavorano e non bucano un’alba in mare manco con 0.8 di mareggiata e 6 gradi di temperatura esterna. Stefano in realtà vive ormai da qualche anno in Australia e sta facendo un dottorato in ingegneria, Luca invece è proprio quello che cascasse il mondo incontri sempre alle prime luci dell’alba a Banzai. Si lavora durante l’anno, sopportando la vita di ufficio per costruirsi opportunità come questa, un’avventura nella terra dei kiwi e della haka.
Vedersi a cena gli ultimi giorni di Agosto per raccontarsi del viaggio di surf estivo è sempre stato un rito per il nostro gruppo del surf, un momento pieno di passione. Chiunque prenda parola in quel contesto acquisisce immediatamente le capacità narrative del compianto Piero Angela, con gli altri ad ascoltare in silenzio, concentrati, dentro la storia. Che comincia così: “È stato veramente figo. Totalizzante direi, surfavamo e basta. E non era regalato eh…dovevi cercare. Tanta ricerca su Google Maps, incrociando le informazioni delle previsioni. Purtroppo non c’ha detto benissimo perché potevamo beccare più mareggiate, però abbiamo massimizzato facendo gli spostamenti giusti”.
Luca sapeva che avrei poi voluto scrivere e condividere il racconto del suo viaggio di surf in Nuova Zelanda qui su Tuttologic Surf, quindi mi ha chiesto di non riportare mai il nome degli spot. Nemmeno del più celebrato, un’onda che sono sicuro essere nota alla maggioranza di chi ci segue. Gli ho chiesto come mai: che differenza fa dire ……. se tanto il web è pieno di video, recensioni, foto e riferimenti? La sua risposta: “Secondo me è sbagliato perché la bellezza del surf per dei surfisti mediocri come noi è proprio la ricerca. Studiare luoghi e mappe, vivere l’emozione della scoperta”. Ci scontriamo spesso perché io sono cinico e disilluso, anche e soprattutto sul surf, ma ovviamente se state leggendo questo articolo è perché ho accettato di non fare nomi.
“La Nuova Zelanda si trova ad est / sud-est dell’Australia, quindi considera che oltre a beccare le mega swell da sud-ovest che arrivano in Indonesia e West Oz, sei esposto anche a possibili mareggiate da tutti i quadranti est” – spiega Luca.
Nell’emisfero australe adesso è inverno. Le temperature sono moderatamente basse, si oscilla dai 6 ai 16 gradi. Nella parte est di North Island (la Nuova Zelanda include 2 isole, North e South Island, grandi 5/6 volte la Sicilia) fa più freddo, l’acqua arriva a 13 gradi. Ad ovest invece siamo sui 15 mi raccontava Luca. In generale South Island ha un clima più severo, infatti Luca e Stefano hanno concentrato le due settimane di viaggio a North Island. In acqua come si sta? “Per la muta dipende quanto sei freddoloso. Direi che una buona 4.3 sia la scelta giusta, al massimo una 5.4. Poi io che non sto un attimo fermo in mare se c’era il sole a pranzo entravo con una 3.2 nuova, quindi perfetta in termini di tenuta”. Le giornate non sono lunghissime, fa buio alle 18 come in Indonesia oppure alle Maldive. La prima luce è intorno alle 7 di mattina in Agosto.
I Conti Bros hanno deciso di noleggiare un camper perché da buoni cacciatori di mareggiate mediterranee avevano capito monitorando le previsioni che ci sarebbe stato da macinare chilometri. In effetti, al termine del viaggio il conteggio diceva 3100 km, giusto per mantenere alta la media. Ma Luca insiste e difende a spada tratta la scelta del camper: “Dopo esserci stato posso confermarti che pensare di fare base in un punto preciso è da matti, rischi di surfare bene 3 giorni su 10. A volte se sei vincolato a 2/3 spot è proprio piatto oppure on-shore. Il camper è stato la svolta del viaggio”. Oltretutto nonostante ogni cosa costasse un occhio della testa, il noleggio del camper è stato incredibilmente conveniente: 1000€ per 15 giorni, 500 a testa. E parliamo di un camper con tutte le comodità, non di un van camperizzato.
“Le strade sono perfette, molto curate. Poi dipende: certe zone hanno una superstrada che segue la costa, in altre parti più remote dell’isola sei costretto a fare dei giri immensi per coprire distanze ridicole in linea d’aria”. Quando parliamo di viaggi di surf cerchiamo sempre per agevolare la comprensione dell’altro di paragonare ad esperienze vissute insieme in precedenza, oppure di fare associazioni con luoghi già visti, che fanno parte dell’immaginario comune. Allora Luca fa uno sforzo per rovistare nei ricordi e mi fa: “Dei posti dove sono stato, la natura è potente come alle Hawaii, un Hawaii fredda con il verde dell’Irlanda. Paesaggi mozzafiato”.
La Nuova Zelanda ha riaperto al turismo a Giugno, i nostri esploratori non hanno incontrato molti turisti sulla propria via. Anzi, direi proprio che di gente in giro ne abbiano vista poca, dentro e fuori dall’acqua: “Capitava di guidare 3 ore incrociando boh, 4 macchine? 5 forse? Infatti anche in mare c’era sempre poca gente. Al massimo 15 persone ma con onde lunghe oltre 300 metri. Niente di invasivo comunque”. Ero curioso di sapere dell’atteggiamento dei “kiwi” verso i turisti, me li immaginavo cordiali ma abbastanza riservati, schivi. Luca smentisce: “In realtà erano felicissimi di incontrare persone evidentemente venute da lontano. Una sera stavamo cambiando l’acqua del camper in un porticciolo e vediamo rientrare una barca da pesca con a bordo dei signori locali. Da lontano ci chiedono di dove fossimo, gli rispondiamo: “We are from Italy”. Al che felici di fare la nostra conoscenza ci regalano un bel pesce che sarà stato un paio di kg. Ce lo siamo sparati sulla griglia la sera stessa”.
Il fattore localismo non è stato un problema per Luca e Stefano nel loro viaggio di surf in Nuova Zelanda. Nei diversi spot frequentati hanno sempre trovato situazioni in cui tutti rispettavano la fila. Soltanto un paio di locals risalivano continuativamente il picco mettendosi primi sulla lineup, ma questo succedeva nello spot dell’onda più famosa della Nuova Zelanda. Si è in ogni caso trattato di un’eccezione. I ragazzi non si aspettavano che fosse così: “Per almeno la metà delle session eravamo soli oppure con al massimo altre 2 o 3 persone, un sogno”.
Abbiamo girato a lungo intorno alla fatidica domanda: ma il surf com’è stato? Vale la p? La risposta: “Ti dico di sì senza esitare un momento. Provo a motivarti la risposta evidenziando alcuni aspetti chiave:
1) Non ho mai surfato una volta e dico una sola volta senza che il vento soffiasse da terra. Trattandosi di un’isola e potendo sfruttare la libertà di movimento che ti garantisce il camper, abbiamo sempre trovato angoli di costa dove il vento era off.
2) L’abbiamo già detto ma non puoi ignorare la bellezza di surfare praticamente da soli. Dove puoi trovare onde di così grande qualità senza affollamento?
3) Una varietà di onde sorprendente, davvero formativa. Abbiamo surfato point veloci e ripidi, point più morbidi e che richiedevano di essere lavorati, beach break di ogni sorta: tubi, slab, wedge. Un surfista di livello medio-alto non potrebbe chiedere di meglio.
Al surf su una scala di epicità assoluta do un 7, considerando però che con le previsioni siamo stati abbastanza sfortunati”. Direi che possiamo ritenerci soddisfatti della risposta, ora sappiamo più o meno tutto.
Cosa manca per partire? Un’ingente somma di soldini. Tanti dollari neozelandesi, parenti stretti dei dollari australiani, quelli che quando vai a pagare ti sembra sempre di avergli lasciato molto più di quanto realmente sia poi la cifra al cambio in euro, ma in Nuova Zelanda hanno esagerato. Qualche esempio: una busta d’insalata al supermercato costa 3,40€, un pacchetto di 30gr di tabacco (non chiedete a Luca di rinunciare ai drum post surf) viene, udite udite, 65 dollari neozelandesi, cioè 40€. Anche andare a cena fuori costa uno sproposito: una portata qualsiasi nella trattoria di paese viene sui 30 dollari, che sono 19 euro. Luca mi riferisce che “un pasto da surfista affamato portava ad un conto da 70 dollari, era matematico. Come una tassa”. E per fortuna, direi in questo caso, che non esiste vita sociale nei luoghi remoti dove si va a surfare, altrimenti erano dolori. Del volo non ne parliamo nemmeno: tra scalo in Australia e tavole da Roma sono volati via circa 3000€.
Nel frattempo è passata più di un’ora, il racconto di questo viaggio di surf in Nuova Zelanda ha ingannato l’attesa dell’hamburger ordinato a domicilio che ancora non arriva. Sto già elaborando una lista di pro e contro perché mi aspetto di scrivere un articolo lungo e dettagliato, quindi meglio concludere con un riassunto.
PRO – Scenari pazzeschi, zero affollamento, varietà di spot, esposizione a più fronti di mareggiata, qualità delle onde.
CONTRO – Costi alti, acqua fredda.
Ringrazio Luca e Stefano Conti, due cari amici e compagni di avventure, per aver condiviso il racconto del loro ultimo viaggio di surf in Nuova Zelanda. Nella speranza che questo articolo possa ispirare qualche altro esploratore a pianificare una missione laggiù, auguriamo una buona ricerca di onde a tutti.