L’arrivo di una wave pool in Italia è sempre un tema tabù: se ne parla sotto traccia, le voci si rincorrono, ma nessuno poi realmente osa esporsi. Un buon numero di politici, promoter e sedicenti manager si sono scottati in passato e nel mentre il surf è diventato sempre più popolare, perciò ora più che mai è doveroso andarci coi piedi di piombo. Eppure qualcosa si muove dietro le quinte. Sappiamo infatti dei tentativi di alcuni gruppi imprenditoriali per costruire una wave pool a Milano, Verona e Roma.
Costruire un’infrastruttura sportiva in Italia è già di per sé un’impresa, figuratevi cosa possa significare mettere insieme investitori, soldi e permessi per aprire una piscina che produce onde artificiali in un paese con 100.000 praticanti supposti. Prendete il calcio, che conta 25 milioni di tifosi in Italia. 25 milioni di motivi che alcuni comuni d’Italia (penso alla mia città ad esempio, Roma) avrebbero dovuto prendere in considerazione per facilitare le iniziative imprenditoriali di aziende (perché le società di calcio sono aziende) fortemente intenzionate ad investire tanti soldi nella costruzione di nuovi stadi. Dal 2000 sono stati costruiti solo 3 nuovi stadi in Italia (fonte: Calcio e Finanza). Con l’ufficialità dell’assegnazione degli Europei del 2032 ad Italia e Turchia le cose cambieranno: l’ostruzionismo cronico di comitati di quartiere, associazioni ambientaliste e soprintendenze varie si ammorbidirà d’improvviso. Come per Italia 90. Non è normale ma siamo un paese così. E sapete cosa provoca più dispiacere? Che se un ex sindaco non si fosse messa di traverso per le Olimpiadi di Roma 2024, avremmo già una wave pool attiva e funzionante, pronta ad ospitare i migliori 40 surfisti nel mondo la prossima estate.
La politica incide anche quando entrano in gioco fondi, investitori e banche, perché per avere il permesso di scavare bisogna comunque passare per gli uffici comunali, ma il primo vero scoglio per ottenere il denaro sufficiente a costruire una wave pool in Italia è la totale assenza di dati certi. Chi garantisce che in Italia esistano 100.000 praticanti? Com’è stato condotto questo studio? Esiste un censimento certificato? Non c’è, e forse non ci sarà mai. Per convincere un investitore pubblico o privato potremmo dirgli che l’industria globale del turismo del surf vale 9.5 miliardi nel 2023 e che stando alle previsioni di autorevoli ricerche quel mercato nel 2032 arriverà a muovere 17 miliardi di dollari. Troviamo un termine di paragone interessante nel business delle stazioni sciistiche, che nel 2023 avrà un giro d’affari previsto di 15.8 miliardi. In meno di 10 anni, il surf potrebbe essere lì: non male. Ecco, forse abbiamo trovato una leva. Sappiamo inoltre che finanziariamente le wave pool funzionano solo se oltre ad una nutrita popolazione di surfisti praticanti già attivi, esiste nell’area in cui verrà costruita la struttura un pubblico di potenziali nuovi surfisti (esempio: chi già pratica sport affini, persone con uno stile di vita attivo ecc).
Notizie esclusive dalle città in cui potrebbe nascere la prima wave pool d’Italia
Per fortuna non spetta a noi convincere qualcuno a finanziare la costruzione di una wave pool in Italia, anche se non vedremmo male un Tuttologic Surf Wave Park. Sognare è gratis, arrivare in fondo a quest’impresa titanica no. Ma stando a quanto appreso dalla nostra redazione, chi è più avanti oggi nella corsa per la conquista del cuore (ed i portafogli) dei surfisti italiani?
Prima di proseguire, vorremmo specificare per chiarezza che le nostre informazioni si rifanno unicamente a sviluppi portati avanti con Wavegarden, l’azienda basca leader per wave pool attualmente aperte o in fase di costruzione nel mondo. Tolte alcune indiscrezioni per cui non abbiamo trovato conferme su possibili sviluppi a Bologna e Genova, di seguito riportiamo le città ed i progetti più caldi:
Verona: un gruppo di amici imprenditori guidati da Marco Carletto, AD del Gruppo Calzedonia
A Verona intorno alla figura di Marco Carletto, amministratore delegato del Gruppo Calzedonia (società fondata nel 1986 proprio a Verona), si è creato un gruppo di amici, appassionati surfisti ed imprenditori accomunati dal desiderio di costruire un Wave Garden. Carletto, che vorrei ancora ringraziare per essersi reso disponibile ad una chiacchierata, mi ha raccontato il principio dell’idea: “Per un periodo mi sono allenato con Flavio Di Giorgio, preparatore atletico di Sofia Goggia nonché surfista, che è stato il primo a mettermi la pulce nell’orecchio. Da quel giorno abbiamo iniziato a muoverci concretamente, aprendo un canale di comunicazione con Wave Garden”. Ad oggi fanno parte della società promotrice del progetto wave pool otto persone, tra cui anche Sandro Veronesi, presidente del Gruppo Calzedonia che nel 2022 ha fatturato oltre 3 miliardi di euro: “Sì ma all’interno della società abbiamo tutti quote paritarie, perché prima di tutto siamo amici”, commenta Marco Carletto. Al momento la cordata di imprenditori attiva su Verona ha individuato un terreno con i giusti requisiti e sta dialogando col Comune per ottenere le autorizzazioni necessarie.
Milano: da Wakeparadise a Wavegarden, Ludovico Vanoli a caccia di terreni
Milano è il centro dell’economia italiana, la città più attiva sotto mille punti di vista: impresa, finanza, edilizia, design, innovazione e chi più ne ha più ne metta. L’unica controindicazione rispetto a Roma è che nonostante l’aumento medio delle temperature, Milano ha ancora una stagione fredda ben più rigida di quella romana (dai 3 ai 5 gradi in meno secondo i dati NOAA). Nel capoluogo lombardo si sta muovendo da tempo ormai Ludovico Vanoli, Presidente di Wakeparadise Milano, per scandagliare ogni centimetro della provincia in cerca di un terreno che abbia i requisiti idrogeologici e la destinazione d’uso corretta per procedere nella costruzione di una wave pool. Nella seconda metà del 2023 si è smosso qualcosa: sono stati identificati dei terreni e soprattutto si è aperto un dialogo con un imprenditore con intenzioni serie, che vorrebbe includere il discorso wave pool all’interno di un progetto immobiliare di ben più ampio respiro. Ludovico Vanoli ha dalla sua anni di esperienza nella gestione di Wakeparadise Milano, una struttura con dinamiche simili a quelle di una wave pool, nonché unico centro dove ad oggi in Italia si può surfare su un’onda artificiale con tecnologia Unit (qui spieghiamo le differenze con un’onda artificiale di tecnologia Wave Garden).
Roma: il terreno c’è, si lavora ai permessi. Il momento di svolta si avvicina
La città con più surfisti in Italia, ma anche la più popolata: sono 1.5 milioni le persone di fascia di età compresa tra i 10 ed i 55 anni, 1.5 milioni di potenziali clienti. 27.000 sono invece i surfisti che vivono entro i confini della città metropolitana. Su Roma si sta muovendo un gruppo di imprenditori che preferiscono non svelare la propria identità, per quanto gli osservatori più attenti potrebbero facilmente connettere i punti e tirare le somme. Forse quello di Roma è il progetto più chiacchierato nell’ambiente del surf italiano ma data la proverbiale lentezza della burocrazia capitolina, potrebbe trattarsi anche del più complesso. Il team a lavoro per portare la prima wave pool d’Italia nella capitale ha identificato un terreno con i giusti requisiti tecnici ed urbanistici in una zona di Roma che non possiamo rivelare. Attualmente sono in corso perizie e relazioni, con la speranza di poter avere presto degli aggiornamenti decisivi in un senso o nell’altro.
Ancora non possiamo prevedere quando aprirà la prima wave pool in Italia
In generale, per concludere questa panoramica sullo stato dei progetti per la costruzione di wave pool in Italia, le difficoltà principali nella realizzazione dell’impresa nascono dal fatto che la destinazione urbanistica di un wave pool non esiste in nessun piano regolatore del paese. Una wave pool non è un parco acquatico, non è un campeggio, non è un campo da calcio, non ha di per sé uno sviluppo residenziale o commerciale (ma può farne parte). La destinazione urbanistica di un surf park ad oggi in Italia non esiste. Superata questa impasse comunque ci si andrebbe a scontrare con i vincoli archeologici, paesaggistici e idrogeologici che nel 99% sono posti sui terreni dai 6 ai 10 ettari in location accessibili dove si presume potrebbe essere costruita una wave pool.
Purtroppo non possiamo prevedere quando aprirà la prima wave pool in Italia, attualmente ipotizzare un anno entro cui potremo spararci un tubo artificiale sul suolo nazionale significherebbe tirare ad indovinare. Lo sviluppo di uno dei progetti menzionati potrebbe subire un’improvvisa accelerata qualora si verificassero un paio di avvenimenti positivi, cosa che ci auguriamo con tutto il cuore. Non importa chi o dove, vorremmo solo che fosse il prima possibile. Non parteggiamo per nessuno, tifiamo nell’interesse del surf italiano.
Nell’attesa continueremo a valicare le Alpi per raggiungere Alaïa Bay, il nostro home spot quando si tratta di surf su onde artificiali. A Madrid aprirà un Wavegarden non prima del 2025 (tra gli investitori c’è anche l’Atletico Madrid), mentre da Edimburgo in Scozia promettono di essere pronti ad accogliere il pubblico da settembre 2024. Per provare le prime onde mai generate in Europa con tecnologia Endless Surf, dovremo aspettare inizio estate 2024. O2 Surftown aprirà a Monaco di Baviera.